Il respiro del dono - biografie e nota critica

Vera Risi
Laureata in Scienze Politiche, giornalista di costume e tendenze, collabora con le Università Luiss e Lumsa presso la cattedra di Scienze della Comunicazione.
Napoletana di nascita e romana di adozione, sette anni fa si innamora della Tuscia e sceglie di trasferirvisi con il marito Fabio. Diventa guida escursionistica per amore e passione del territorio. Ha pubblicato, insieme ad altri autori, tre saggi di scienze della comunicazione editi da Rai-Eri e Dino Audino Editore. Ha vinto il Premio Donna è Web 2005, organizzato dalla Provincia di Lucca e dall'Assessorato alle Pari Opportunità in partnership con il Ministero per le Pari Opportunità per il miglior sito web italiano del 2005 realizzato da donne.


Nota critica di Romuldo Luzi

Ho avuto la fortuna di aver letto, praticamente in anteprima, il romanzo che Vera Risi oggi presenta a Valentano, suo paese di elezione e verso cui nutre una singolare predilezione…
La sua presenza tra noi non è stata mai quella della “forestiera” in quanto, sin dal suo arrivo, si è posta alla gente come una di noi, come una che ha saputo tessere, attraverso la memoria storica, una vera e propria osmosi con questa comunità, tanto che si è integrata collaborando a molte iniziative culturali che l’hanno vista protagonista e che ce l’hanno fatta sentire come l’amica di sempre.

Mi consentirete di ricordare, in particolare, la sua partecipazione al Gruppo Teatrale La Piazzetta come uno dei segni più tangibili di questa sua disponibilità, sia nella costruzione delle varie riuscitissime rappresentazione che hanno portato il nome del Gruppo e di Valentano in giro per tanti centri della nostra Provincia.
Detto questo debbo ricordare, con segno di riconoscenza, il suo monologo su Filomena Marturano di Eduardo De Filippo che è stato  recitato magistralmente, con singolare partecipazione e assoluto livello professionale, riuscendo a conquistare tutti i presenti, me compreso, che hanno avuto la “fortuna” di ascoltarla e apprezzarla in occasione delle manifestazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

Oggi di lei debbo parlare di un altro lato assolutamente sconosciuto fino a qualche tempo fa: della sua passione letteraria e che oggi si concretizza in un romanzo appena edito che l’ha impegnata per mesi e mesi e chi scrive sa quanto tempo sia necessario per concretizzare un “sogno” in cui si crede profondamente. Una sensazione oggi, un’ispirazione domani, un ricordo personale che ci sorge nella memoria e nei sentimenti, uno o più fatti storici che ci colpiscono, come gli splendidi paesaggi di questo nostro territorio pieni di un fascino antico e “misterioso”, spesso disseminato di ruderi, resti città, zone archeologiche, manieri, rocche e castelli, come pure di un modesto edificio che nasconde pagine di storia di dimensione almeno nazionale quando addirittura internazionale.

La vicenda del romanzo, legata a due personaggi principali come Aleandro e Tosca, vive dell’eredità preziosa, arcaica e sapiente del vecchio “zio Paride” che, scomparso da poco tempo ma presente nella mente e negli affetti di Aleandro,  riempie le pagine del romanzo di una persona preziosa e intrigante, con tutti i suoi segreti, le sue passioni, gli amori sconosciuti e lontani… Seguendo e rivivendo proprio le storie di Paride, Aleandro riscopre, a poco a poco, l’intero affresco del romanzo, dipinto con particolari preziosi, con luoghi misteriosi ma visibili ai nostri occhi, con presenze etrusche, medievali, templari, rinascimentali, fino all’epoca moderna e contemporanea: inseriti nella narrazione come tante perle che richiamano alla memoria i luoghi del cuore e della storia.

Così si dipana, in maniera appassionante questo racconto che non intendo qui riassumere, tanto è complesso e affascinante e che coinvolge il lettore in un crescendo “ansioso” ove, riga dopo riga, pagina dopo pagina, tracciano un percorso fatto di colpi di scena e di sorprese fino al finale che, ovviamente non rivelo, ma che ci riconduce al “respiro di quel dono” che ci colpirà in maniera sorprendente, quasi a concludersi come un vero e proprio “giallo”.

Non ho la presunzione di critico letterario,  capace cioè di collegare l’opera di Vera a altri romanzi di scrittori più o meno noti, ma un paragone consentitemi di farlo con un autore che ammiro e che, in qualche modo, mi suggeriscono le vicende narrate. Forse qualcuno immagina il confronto che ora mi accingo a fare: con le opere di Andrea Camilleri. E dico questo perché, così come avvincenti  sono i romanzi di questo prolifico autore, e non mi riferisco solo alle vicende del Commissario Montalbano, altrettanto appassionanti sono le pagine di questo libro che oggi possiamo avere tra le mani. Anche Camilleri, molto spesso, trae da avvenimenti storici la propria ispirazione e nel lieve narrare ci immerge in queste storie, lontane e sconosciute, facendocele rivivere con la ricchezza del suo paesaggio, del suo ambiente, delle tradizioni enogastronomiche, e del singolare tratteggio dei personaggi che non abbiamo conosciuto, naturalmente, ma che  ricreiamo nella nostra immaginazione, nella magia del linguaggio letterario cui siamo attenti e sommersi.
Linguaggio che non disdegna di immergerci addirittura nel vernacolo della lontana Sicilia che, spesso riusciamo a comprendere solo leggendo e rileggendo i passaggi più ostici e poco comprensibili. Poi, come si dice, ci facciamo l’abitudine e il lessico ci diventa motivo di affezione e di curiosità.
Tutto questo la nostra amica Vera riesce a proporci nella ricostruzione di un mondo che è nostro e di un territorio che intensamente conosciamo e amiamo perché costituisce quel passato assolutamente incredibile e il nostro vissuto personale. Come pure è nostro quel dialetto che, spunta qua e là tra le pagine del romanzo, e che riporta i nostri ricordi ad un trascorso di comunità e di paese che questo tempo di globalizzazione e di mass media sembrano cancellare.

Grazie a Vera per questo suo dono di cui abbiamo apprezzato “respiro e vitalità” anche nel riuscire a presentare i mille motivi per cui quest’angolo di Tuscia merita tutta l’attenzione e un sicuro richiamo turistico.

Molto di quanto affermato per Vera vale per l’altro amico Alan Brison, cui debbo unire la sua signora Patricia, cordialmente l’amica Pat. Anche lui, come un distinto “Lord inglese” è entrato in punta di piedi nel nostro paese… Si è proposto con semplicità e schiettezza, divenendo un altro caro concittadino cui stanno a cuore la storia e l’attualità di Valentano.
Lui ci ha subito sorpreso per quella straordinaria conoscenza del mondo dell’arte in generale e della pittura mondiale. Se nel nostro discorso capitava di citare un artista… tipo “Jusepe de Ribera”, che molti, credo non conoscono affatto, ecco che lui pronto sottolineava, “Lo Spagnoletto”… e così via per altri artisti non particolarmente noti ai più, se non solo agli specialisti.
E cosa aggiungere poi nello scoprirlo un artista, nel vero senso della parola, capace di meravigliarci con le sue tele e con la sua straordinaria sensibilità storica, come quando partecipò alla Mostra d’arte su Castro, la Città Scomparsa, presentando una lettura dell’avvenimento che fu motivo di interesse e discussione.
Se, come abbiamo detto, il romanzo di Vera ci ha particolarmente sorpresi,  altrettanto è doveroso riconoscere ad Alan per questi suoi “bozzetti” che, passo dopo passo, accompagnano il romanzo come avveniva nel passato, quando le illustrazioni di un libro hanno rappresentato e rappresentano un motivo di eccellenza bibliografica tanto da coinvolgere artisti di sicura fama e bravura.
Se questo nostro territorio viene praticamente cantato da Vera, sono le immagini di Alan a renderlo vivo e presente. Immagini anch’esse velate da un senso di naturale affezione a luoghi e tradizioni.

Romualdo Luzi
 (Valentano, 1944) esperto storiografo, studioso della Famiglia Farnese e della Tuscia, ha al suo attivo numerosi libri, pubblicazioni varie e articoli sul territorio e sul folklore.L'esperienza col teatro e con i giovani ha contribuito in modo determinante all'inizio e allo sviluppo dell'associazionismo nel territorio dell'alto viterbese, zona in cui la spinta verso nuovi tipi di aggregazione culturale impressa da Luzi, dapprima come bibliotecario, poi come coordinatore delle biblioteche intorno al Lago di Bolsena è testimoniata dal proliferare di riviste e periodici locali, anche questi aperti alla collaborazione dei giovani e che spesso hanno ospitato interventi di studiosi di alto livello. Il 20 luglio 2002 è stato scelto dall'Associazione Paolo III Farnese come personaggio rappresentativo della cultura della Tuscia e gli è stata consegnata la tegola romana. Fino al 2011 Luzi, insignito dei titoli di Cavaliere Ufficiale e Commendatore della Repubblica, ha presieduto il Consorzio per la gestione delle biblioteche di Viterbo, dirigendone il periodico, "Biblioteca e Società".