Davide Ghaleb Editore

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LA VILLA DI PAPACQUA A SORIANO NEL CIMINO
Carla Benocci


Con il Patrocinio del Comune di Soriano al Cimino
e dell'Associazione Storia della Città

con la collaborazione di
Polo Turistico Culturale Municipale
Pro Loco di Soriano nel Cimino
Cooperativa Sociale Il Camaleonte

la Casa Editrice Davide Ghaleb
presenta

LA VILLA DI PAPACQUA A SORIANO NEL CIMINO
Gli "Otia" dei Madruzzo, Altemps, Albani, Chigi

di CARLA BENOCCI

Sabato 24 marzo 2018 ore 17

Scuderie Albani Chigi
via Papacqua
Soriano nel Cimino (VT)

Interverranno:
Fabio Menicacci, Sindaco di Soriano nel Cimino
Marco Guardo, Direttore Biblioteca Accademia dei Lincei
Fabrizio Allegrini, Polo Turistico Culturale Municipale
Antonio Tempesta, Pro Loco Soriano nel Cimino

Sarà presenta l'autrice Carla Benocci



 

valido anche per carta di credito

Sabato 24 marzo, alle ore 17.00, verrà presentato il volume della storica dell'arte Carla Benocci  "La villa di Papacqua a Soriano nel Cimino. Gli «otia» dei Madruzzo, Altemps, Albani, Chigi", pubblicato dalla casa editrice Davide Ghaleb. La presentazione che si terrà presso le Scuderie Chigi Albani, in via Papacqua, a Soriano nel Cimino (VT), è stata realizzata con il Patrocinio del Comune di Soriano nel Cimino e dell’Associazione Storia della Città, con la collaborazione del Polo Turistico Culturale Municipale, della Pro Loco di Soriano nel Cimino e della Cooperativa Sociale Il Camaleonte.
Interverranno, oltre all’autrice, Carla Benocci, il Sindaco di Soriano nel Cimino, Fabio Menicacci; il direttore della Biblioteca dell’Accademia dei Lincei Marco Guardo; Fabrizio Allegrini per il Polo Turistico Culturale Municipale e Antonio Tempesta, rappresentante della Pro Loco di Soriano nel Cimino.
"La villa di Papacqua a Soriano nel Cimino", che inaugura la sezione dedicata a Soriano nel Cimino, è il quarantunesimo volume della collana “Quaderni” fondata da Enrico Guidoni.
Il volume colma una lacuna: nonostante la sua grandezza tra le grandi ville rinascimentali viterbesi, la villa Papacqua a Soriano nel Cimino è in gran parte sconosciuta, sia per il carattere decisamente originale rispetto al contesto laziale sia per l’inaccessibilità che ne ha impedito finora un esame diretto.
La villa è caratterizzata da una forte matrice nordica, derivante all’ambito cui appartiene il committente, cardinale Cristoforo Madruzzo, collegato con una rete internazionale di amicizie importanti, che attribuisce a questa impresa il valore di testimonianza delle istanze spirituali e religiose emerse dal Concilio di Trento. La storia della villa e i modelli artistici di riferimento, nonostante la dispersione dei vari archivi familiari che hanno reso necessaria una ricerca non facile, sono stati messi a punto con ottimi risultati.
Le vicende prendono l’avvio dall’opera del cardinale Madruzzo e si sviluppano con gli Altemps nel corso del Cinquecento e del Seicento, fino ad una contenuta decadenza, da cui il complesso si risolleva grazie al cardinale Annibale Albani. Il passaggio della villa ai Chigi ne segna uno sviluppo analogo alle proprietà nobiliari del contesto toscano e laziale; con il possesso del Comune di Soriano si avvia la rinascita della villa, verso un promettente futuro.
In seguito alla presentazione, il 21 Aprile alle ore 16.30 verrà organizzata, da Antonello Ricci e la Banda del racconto, una Passeggiata/racconto che narrerà le vicende della Villa di Papacqua e di Soriano. Durante l’estate verrà inoltre organizzato un evento legato alla gastronomia, con cena, conferenza e letture sul tema del cibo nel XVI secolo.


Intervento scritto di Marco Guardo, direttore dell'Accademia dei Lincei

Desidero in primo luogo scusare la mia assenza, dovuta a un impegno improvviso che mi ha costretto a una partenza non prevista, e nel contempo augurare all’evento di questo pomeriggio tutto il successo che esso merita.
Ho apprezzato il volume di Carla Benocci sin dalle pagine introduttive, che contengono la presentazione del sindaco di Soriano nel Cimino, Fabio Menicacci, e di Laura dal Pra, Direttore del Castello del Buonconsiglio a Trento. Di consueto pagine di questo genere sono ammantate da espressioni di circostanza, mentre nel nostro volume i due scritti illustrano con sintesi robusta il percorso scientifico disegnato dall’autrice e il lungo arco cronologico che investe la storia della Villa di Papacqua e dei suoi abitanti. Mi limito a un solo esempio: il testo del sindaco, dopo aver ricordato il triste decadimento e il progressivo deteriorarsi del sito, riporta a chiare lettere che esso è un “bene comune”, un “patrimonio da non perdere”. Di qui la necessità urgente di renderlo “disponibile”, che congiunge in tal modo l’aspetto della conservazione a quello della fruizione, binomio dal quale non possiamo prescindere.
Vengo adesso alle indagini di Carla Benocci, il cui volume, come giustamente scrive Laura dal Pra, ci offre la sorpresa di una “piacevole smentita”. Vediamone il perché. Dopo la mostra del 1993, dedicata ai Madruzzo e l’Europa, sembrava davvero difficile che potessero essere svolte ulteriori ricerche di notevole rilievo, mentre invece Carla Benocci ha saputo dimostrare l’esatto contrario grazie a uno studio materiato di passione e di competenze e grazie altresì all’esplorazione attenta delle fonti archivistiche.
Ho sempre insistito e sempre insisterò sull’importanza davvero capitale della documentazione archivistica, e la pubblicazione del volume che qui oggi si presenta, superbia absit, mi dà perfettamente ragione. L’autrice, infatti, ha pubblicato con notevole acribia filologica ben quattordici appendici documentarie, che coprono esattamente quattro secoli: dalla corrispondenza madruzziana, che muove dal 1548, sino alle lettere di Ludovico Chigi Albani, che giungono sino al 1948. Un corpus imponente di fonti ascrivibili a documentazione di diversa natura: epistole, atti notarili (vendite, testamenti, inventari), relazioni e persino poesie (quelle sulla bellezza degli otia a contatto con la natura e sulla Villa di Papacqua dedicate al cardinale Cristoforo Madruzzo o da lui scritte).
La via che la Benocci traccia e percorre è quella maestra, oserei dire, quella aurea. L’edizione di questi testi in forma o integrale o antologica fornisce allo studioso uno strumento per poter non soltanto affinare le proprie conoscenze, ma anche, eventualmente, per dar corso a ulteriori indagini. Non solo: l’autrice non si limita alla mera pubblicazione della fonte, ma da questa muove per delineare un quadro storico-artistico di tutta oggettività, dal momento che esso si appoggia, e graniticamente, alla fonte. Questo, a mio modo di vedere, è l’unico modo di fare ricerca.
Il poco tempo a disposizione e l’ampiezza dei contenuti sottesa al volume mi consigliano decisamente di accennare a un solo tema, a onor del vero quello che mi è più congeniale: alludo alla figura del cardinale cinquecentesco Madruzzo, che a distanza di tanti secoli ha ancora molto da insegnarci. Vorrei a questo riguardo citare l’elogio che il medico senese Pietro Andrea Mattioli rivolge al cardinale in un’epistola che gli scrive. Mattioli ne loda “la grandezza dell’animo, la liberalità del cuore, la cordiale charità, la gioconda humanità, la prudenza del governo, la facondia del parlare, la gratia del proferire, la memoria del recitare, la cognitione delle scienze, il patrocinio de’ virtuosi”.
Ne sortisce il ritratto di un cardinale di stampo prettamente umanistico, che congiunge l’aspetto dell’humanitas a quello della prudenza. Quest’ultima va intesa rettamente recuperando la semantica del termine latino prudentia, ossia la capacità di saper vedere prima, con anticipo, dunque lungimiranza, avvedutezza, saggezza. Mattioli non tralascia poi l’aspetto della generosità tramite la coppia sinonimica “liberalità”- “charità”.
Ma vi è un altro tema che non deve sfuggirci e che fa del Nostro l’epigono di un autore classico, di un oratore di stampo ciceroniano. Cicerone, infatti, enumera le fasi che devono sottendere il discorso dell’oratore: inventio, dispositio, elocutio, memoria e actio. Spiego meglio: l’oratore deve prima trovare gli argomenti oggetto del suo trattato, poi disporli in bell’ordine, rivestirli di parole adatte, imparare a memoria il discorso, saperlo infine porgere con efficacia. Anche Madruzzo, lo abbiamo visto, possiede “la facondia del parlare, la gratia del proferire, la memoria del recitare, la cognitione delle scienze”. Ma non soltanto, egli è anche patrono degli studiosi virtuosi. Un cardinale, dunque, che ha ben chiaro il concetto del publicum commodum, ossia della pubblica utilità, ideale che si afferma prepotentemente a cominciare dall’Umanesimo.
L’elogio di Mattioli trova concreta rispondenza, per citare le parole dell’autrice, “nella rete vastissima di corrispondenti, amici laici e religiosi, che coprono la scala sociale quasi interamente”: rete che il cardinale seppe costruire con abile tatto diplomatico e notevole cultura. Al centro di questa rete si pone l’acquisto del feudo di Soriano, che per Madruzzo fu non solo emblema del locus amoenus, luogo di delizie dunque, ma anche la coordinata spaziale di elezione, luogo prediletto al centro della propria attività politica e curiale.
Anche i testamenti del cardinale, inoltre, giovano a meglio comprenderne lo spirito e l’epoca. A questo riguardo bene ha fatto l’autrice del volume a pubblicare nella sesta appendice documentaria il testamento redatto il 6 novembre 1562, frutto di un fortunato ritrovamento, che precede di oltre tre lustri quello definitivo del 1578, già pubblicato da Alessandro Paris. Straordinario il dato che emerge dall’atto notarile del 1562: la volontà di far costruire a Trento, luogo natale dell’alto prelato, un Collegio gesuitico. Pertanto nella giovane Compagnia di Gesù il cardinale vede l’ordine religioso in grado di promuovere non soltanto il sentimento religioso, ma gli studia humanitatis che hanno segnato il suo cursus ecclesiastico.
D’altra parte, per quanto riguarda il testamento del 1578, mi limito a ricordare l’espressa volontà che il funerale si svolga “sine pompa”, dunque senza fasto e senza lusso, che vengano riparati ponti e vie nella comunità di Tivoli: un’ulteriore affermazione del publicum commodum, che in questo caso investe l’urbanistica e l’architettura. Senza contare che il testamento definitivo riporta ed enumera i beni mobili in possesso del cardinale: arazzi, tappeti quadri, sculture, clavicembali, claviorgani, viole, flauti, tromboni, strumenti a corda, un prezioso studiolo, alcuni libri di argomento religioso e naturalistico, utensili da cucina, persino animali esotici (una scimmia). Grazie a un tale inventario si delineano gli interessi principali del cardinale: il gusto antiquario, la musica, la lettura dalle ampie vedute.
Tuttavia vi è un ulteriore dato sul quale vorrei soffermarmi: la presenza dell’animale esotico sembra fare di Madruzzo, per così dire, l’antesignano del fondatore dei musei di curiosità che tanto si diffonderanno nel XVII secolo: un esempio per tutti, quello secentesco dell’oratoriano Virgilio Spada. Con la differenza che l’animale in possesso del Nostro non è impagliato, ma vivo.
Ne sortisce, allora, una figura che non soltanto sa accogliere il retaggio e la memoria del passato, ma è in grado di interpretare quelle antiche memorie in senso critico e trasporne i contenuti nell’attualità, nel costante rispetto della pubblica utilità. Una figura, pertanto, ancora di grande modernità, che grazie a Carla Benocci possiamo studiare nelle più intime pieghe.
         Ringrazio tutti dell’attenzione.