L'ordinamento dell'archivio del Circolo didattico di Vetralla e il libro che scaturisce da quel lavoro sono un'occasione da non perdere per constatare, una volta ancora, i ritardi nello studio di quegli aspetti della vita della società italiana degli ultimi centocinquant'anni che sono in grado di farci capire perché siamo diventati quelli che siamo e le differenze nello sviluppo civile ed economico che ci sono tra le diverse aree del nostro paese. E sono il momento più opportuno per segnalare l'importanza decisiva di questo tipo di documentazione se pensiamo che la conoscenza del passato possa essere diversa da quella che abbiamo praticato sino ad oggi per aiutarci a capire il nostro presente.
Non sappiamo quasi nulla del lavoro, delle sue trasformazioni, della sua importanza nella vita individuale, familiare e collettiva; non sappiamo nulla di come abbia funzionato la scuola, di cosa e come abbiamo studiato in tutto questo tempo e di quanto questo studio ci abbia consentito di partecipare attivamente alla vita culturale e politica del nostro Paese; sappiamo pochissimo di come abbiamo vissuto la vita di fede e di come questa religiosità sia mutata nel tempo; abbiamo appena qualche notizia sulle feste del tempo passato e di come avveniva la nostra partecipazione a quei momenti di spensieratezza; ignoriamo come si sia evoluta nel tempo l'attenzione alla salute e la lotta contro le malattie. E si potrebbe continuare a lungo.
Lavoro, istruzione, fede, vita sociale, salute: tutto ciò che vive in una dimensione collettiva è ancora avvolto nelle tenebre. Sappiamo invece tutto (o quasi) dei nostri re e dei capi dei governi, dei segretari dei partiti politici e dei papi, delle guerre e delle paci, degli scrittori e dei cantanti di successo, dei personaggi che ci sono imposti dal diffondersi delle tecnologie audiovisive e informatiche.
Le circolari ministeriali, le pagelle degli alunni, i registri di classe, le carte della corrispondenza, le relazioni di fine anno, i libri di testo, i fascicoli del personale insegnante e amministrativo, i verbali delle ispezioni nelle classi, gli altri sussidi didattici: tutta questa documentazione (meglio ancora se integrata da quelle testimonianze materiali o almeno fotografiche le quali ci consentono di rivedere com'erano arredate le aule, com'erano fatti i banchi, quali erano gli strumenti del lavoro quotidiano, chi erano gli alunni di ciascuna classe, etc.) ci riporta sui banchi di scuola e ci consente di ricostruire quello che abbiamo studiato (e quello che non ci hanno fatto studiare o che noi non abbiamo voluto studiare) per arrivare a capire per quali strade ci siamo fatti le idee che ci siamo fatti, abbiamo sviluppato questa nostra personalità, ci siamo aperti la strada verso il lavoro, verso l'impegno civile, verso la vita di rapporto con gli altri e con le cose.
Questo libro parte dalla scuola elementare di Vetralla, tra l'Unità d'Italia e i nostri giorni. Nel momento in cui un numero enorme di informazioni ora sono disponibili non solo per ricordare ma anche per capire, immediatamente si affollano una serie travolgente di altre domande che reclamano nuovi documenti, nuove indagini, nuove risposte. Ad esempio: si parla in questo libro delle scuole dopo che è stata realizzata l'Unità del nostro Paese, quindi – da noi – dopo il 1870. E prima? Cos'è accaduto prima? Cos'è cambiato con il Regno d'Italia rispetto a quanto accadeva con il Papa-Re? E quanti erano allora quelli che andavano a scuola? Di chi stiamo parlando? Di pochi eletti o dell'intera popolazione giovanile? E se erano pochi quelli che studiavano, gli altri perché non andavano a scuola? Qual era la funzione della scuola in quella società e in quella cultura? Che cosa si studiava in quelle scuole? E quando sono cambiate le cose? In che rapporto sta la scuola con la trasformazione economica del Paese, con il passaggio da paese agricolo a paese industriale? E come cambia tutto ciò in relazione al mutare dei governi e delle politiche scolastiche che promuovono?
I dati per organizzare delle risposte a queste domande sono pochissimi e anche questi tratti da studi che non si sono occupati specificatamente dell'istruzione nel nostro territorio. Vetralla nel 1871 contava 6.700 abitanti e siccome è stato calcolato che il tasso di alfabetizzazione nell'Italia centrale in quel periodo fosse intorno all'8%, questo vuol dire che a Vetralla i cittadini che sapevano leggere e scrivere erano poco più di cinquecento. D'altra parte i dati in nostro possesso e relativi agli anni precedenti l'Unità (1846), vedevano nelle scuole di Vetralla in tutto 191 studenti tra scuola di primo e di secondo grado. Era, quella di Vetralla, una situazione privilegiata perché oltre all'educazione impartita alle fanciulle già dai primi del Settecento dalle Maestre Pie Venerini, nel 1822 era stato ripristinato dal vescovo di Viterbo Antonio Gabriele Severoli il “Pio istituto delle scuole pubbliche” che sarà attivo fino all'Unità finché il suo posto non sarà preso dalle scuole rette direttamente dal Comune, Pio istituto nel quale insegnavano ben sei docenti. Cosa si studiava ce lo dice una indagine realizzata anche a Vetralla su richiesta della Congregazione degli Studi del Governo pontificio, alla metà dell'Ottocento: nella scuola di “Grammatica primaria” frequentata a Vetralla da 40 alunni si usava “l'abbecedario” e la “dottrinella” (una riduzione semplificata del catechismo) mentre quelli appena più grandi (ed erano 74) studiavano “elementi grammaticali e leggere e scrivere per i fanciulli […] aritmetica e carattere […] si esercitano ancora nel leggere la Bibbia volgarizzata per i fanciulli, l'Ufficio della Madonna e nell'imparare a mente la Dottrina Cristiana e qualche cosa di geografia”. C'erano poi le classi di “Grammatica superiore” (con 74 studenti) e infine quelli ancora più grandi (e a Vetralla alla data citata vi sono solo 7 studenti) studiavano “retorica e umanità” e ciò sui testi delle “Lettere” e delle “Orazioni” di Cicerone, dell'”Eneide” di Virgilio e poi Catullo e Orazio oltre che a fare composizioni in latino e in lingua italiana.
Loredana Vaccarotti con il lavoro molto meritorio che ha fatto di ordinamento dell'archivio del Circolo didattico e ora con la divulgazione che ne ha fatto con questo libro è consapevole di aver smosso una pietra che può dar luogo ad una valanga se dal suo lavoro si partirà per indagare ancora meglio, ancora più a fondo e in tante e diverse direzioni. Io mi auguro, e auguro a Vetralla, che questo avvenga.