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ALFIO 100
Per il centesimo anniversario dalla nascita di Alfio Pannega

Ci sono uomini che non muoiono mai

Uomini che si fissano nella memoria collettiva e via via nel corso del tempo si trasformano in personaggi, miti, leggende.
Ci sono uomini la cui memoria collettiva dà conforto a ciascuno di noi nel travaglio del vivere quotidiano, rompe la nostra solitudine, il nostro disorientamento esistenziale e ci fa sentire parte di un comune destino di fratellanza.
Ecco allora che a distanza di tanti anni dalla sua morte sorge, quasi per germinazione spontanea, un movimento, una sollevazione di uomini liberi che reclamano e rivendicano la memoria di Alfio, come un bisogno, come una bandiera carica di senso, intorno alla quale raccogliersi.
Alfio era un uomo che viveva come parlava; indifferente alle convenzioni, esprimeva un’etica della coerenza e del bene in un mondo sempre più dominato dalle apparenze.
Padrone, sovrano di sé stesso, rispettava tutti, ma non era soggetto o assoggettato a nessuno; capace di rapportarsi alle autorità e agli uomini di potere con naturalezza, senza alcun servilismo o ipocrita ossequio.
Da questo punto di vista era un cittadino moderno, così come delineato dalla nostra carta costituzionale, democratica, antiautoritaria e antifascista.
Non suddito, appunto, ma cittadino attivo e sovrano, consapevole della propria inviolabile e connaturata dignità di uomo.
Nel mio immaginario rapporto Alfio a Diogene di Sinope, il filosofo greco amico dei cani, di cui un aneddoto narra che al grande Alessandro Magno, il quale andò a fargli visita mentre era disteso al sole e gli chiese se avesse bisogno di qualcosa, rispose: «Sì, stai un po’ fuori dal mio sole, perché mi fai ombra.»
Al che, sempre secondo un altro aneddoto, Alessandro Magno commentò: «Se non fossi Alessandro, vorrei essere Diogene.»
Ecco: a mio avviso, una ragione del fascino di Alfio è che ognuno di noi, almeno in un angolo della propria mente, vorrebbe uscire dalla propria prigione individuale ed essere Alfio, un uomo cioè libero da convenzioni, da bisogni e necessità artificiosi e dalla dipendenza che questi provocano.
L’Alfio poeta, l’amante di Dante, del canto in ottava rima, dei libri e della cultura; il conoscitore di tutte le erbe di campo; l’ecologista ante litteram raccoglitore e riciclatore di cartoni e di ciò che la nostra società chiama “rifiuti”; l’amante della convivialità che non disdegna il sorso del vino, capace di incontrarsi e naturalmente confondersi, senza alcun disagio, senza alcuna pretesa o forma di paternalismo e nel contempo diventandone il simbolo, con una generazione utopica che ha occupato uno stabile in disuso e abbandonato per costruirci una comunità “altra”, fatta di persone libere.
Alfio: c’è qualcosa di nuovo, anzi di antico nella sua vita e nella sua leggenda.

Enrico Mezzetti
Presidente comitato provinciale ANPI
Associazione nazionale partigiani d'Italia – Viterbo