Ghaleb Editore - Istantanee 11
La memoria dell'acqua - Giovanna Iorio
Ispirato alle opere di Carlo Vincenti
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Postfazione di Miriam Castelnuovo

Il senso unico alternato delle cose

Chi non parla è dimenticato”, questa la premessa della raccolta di poesie “La memoria dell'acqua” di Giovanna Iorio e alla quale si affianca la scelta non premeditata di questa giovane poeta di rivolgersi alle opere di Carlo Vincenti come ad un illustratore contemporaneo.
Carlo Vincenti artista pittore e poeta morto prematuramente già nel 1978, durante la sua breve esistenza durata appena 32 anni, ha goduto di una serenità familiare a cui si alternavano momenti di sostenuta severità, così da rafforzarne il suo grande bisogno di affetto. È sua la frase “Si comincia a vivere quando si comincia a morire” come se egli avesse già saputo di rimettersi in gioco con una nuova vita dopo la sua morte, fatta di frammenti lasciati come lo sono i suoi collages, di scritti e di tante opere frutto di diverse tecniche, che solo gli amici e le persone più care a lui, avrebbero potuto un giorno rimettere in ordine, ricostruendo finalmente quella parte di sé che era rimasta inespressa e soprattutto incompresa da troppi. Oggi è possibile ripercorrere il vissuto di questo grande artista, già come la premessa di qualcosa di molto più grande che di lì a poco sarebbe accaduto: ma non riferito alla morte, ma ad un progetto dal contenuto artistico e creativo, a cui Carlo Vincenti si stava preparando. “I Superstiti” è il nome di una serie di venti tavole oggi dal sapore amaramente ironico: l'artista dando questo titolo alla sua opera si riferisce a coloro che riusciranno a sopravvivere al senso della vita nonostante le ostilità, gli impedimenti e i più difficili compromessi da accettare. Forse Carlo credeva che ce l'avrebbe fatta, che sarebbe stato un superstite nonostante tutto. Ecco perché tutto il corpus pittorico di Carlo Vincenti acquista man mano, grazie a questa rilettura filtrata dalle parole di Giovanna Iorio, lo spessore di un'adeguata leggibilità, confermata dall'apertura ad un dialogo a cui sono chiamati a intervenire quegli amici più stretti oltre che ai parenti di Carlo, che adesso è di nuovo tra loro, partecipe egli stesso della sua rinascita. Parallelamente si riconferma il significato con cui Giovanna Iorio ripercorre il suo vissuto personale come giovane scrittrice attraverso i suoi versi, con l'intento di rendere la propria memoria vera protagonista di tutta la raccolta: “Volevo che riapparissero volti di donne che avevo incontrato, non solo persone a me familiari ma anche donne di cui intorno a me avevo intuito l'esistenza.” Giovanna viene da un paesino dell’Irpinia “pieno di ombre” e per questo aggiunge “volevo dare voce a quel silenzio” .
Queste due persone apparentemente distanti, Giovanna e Carlo, hanno avuto nella loro esistenza un legame, anche se di peso diverso, a cui devono il loro incontro affatto casuale: in entrambi c'è una figura di donna, così come è pensabile immaginare tale anche l'acqua, flusso primordiale, sorgente di ogni forma di vita.
Per Carlo la donna è l'unica da lui amata, Fernanda, mentre per Giovanna è una figura che prende corpo e consistenza lentamente tra questi versi, quale sintesi di un piccolo nucleo la cui accezione matriarcale le è stata tramandata da racconti familiari, attraverso la memoria del ricordo. In questo modo i ruoli dei due artisti, entrambi poeti ed entrambi animi sensibili, paiono scambiarsi, sostituirsi e perfino avvicendarsi durante la lettura di “La memoria dell'acqua”, dove leggendone i versi accompagnati dalle illustrazioni che Giovanna ha scelto accuratamente dell'artista Vincenti, riaffiorano simultaneamente gli elementi dei due vissuti, come fossero frame di una pellicola ingiallita che adesso è tornata a brillare di una nuova luce.
Le opere di Carlo possono essere interpretabili come parole che si fondono nella pittura attraverso la gestualità di segni, la cui intensità si identifica proprio in quella scrittura sofferta, frutto di pensieri profondi. Le immagini riprodotte dei suoi quadri sono per lo più assai diverse tra loro e tutte intrise di significati differenti, prima ancora che di colore, anche nel bianco e nero dei disegni o di altri lavori tesi alla monocromia: perfino nei collages, così come lo è stato il taccuino di appunti per Giovanna, egli ha raccolto e messo da parte dei brevi pensieri, fino al momento di ricomporli insieme e donargli quel preciso valore.
Immaginiamo Giovanna e Carlo uno a fianco dell'altro, nel percorrere in un senso unico alternato la medesima autostrada, rivelando ciascuno la propria abilità nell'affrontare ripide salite e precipitose discese. Ci riescono entrambi: ora per la vivacità delle espressioni e l'uso del colore, ora per quell'esatta e ancor più rara finezza, con cui essi hanno saputo accostarsi ai luoghi, alle persone e agli odori della memoria.
Giovanna Iorio e Carlo Vincenti percorrono la strada della propria esistenza con la forza del solo linguaggio.
Talvolta scorgiamo avanzare vivido il coraggio che diventa espressione del gesto per l'uno e della parola nell'altra, per poi con sapienza rimodularne i toni e dare vita a quell'intima introspezione che ciascuno ha riposto nel raccontare la propria donna.
Giovanna Iorio non parla mai della stessa persona o comunque non è dato determinante comprenderlo. Ma ciò che colpisce è come la giovane scrittrice sia già in grado di alternare la propria leggerezza verbale ad una carica simbolica più evidente, palpabile, fino a raggiungere vigorose soluzioni letterarie come accadeva all'artista Carlo Vincenti quando su tavolette di legno graffiava il colore ad olio misto ad acrilico, fino ad inciderlo come un graffito.
Carlo Vincenti era capace di alternare sperimentazioni tecniche diverse, così come si può immaginare il cangiare d'umore di un uomo a seconda dell'elaborazione, irrefrenabile, dei propri pensieri. Ma vi è un DNA in Carlo Vincenti che lo rende inconfondibile, ora riscontrabile nelle composizioni ardite o schiette dei suoi disegni su carta, ora nei modellati semplici e svelti ma assolutamente precisi, come quei coloriti volutamente sbiaditi che molto hanno da raccontare. Dovunque si evoca la femminilità, anche se evanescente, eterea così com'è sottesa in alcuni versi di Giovanna Iorio. I ritratti che Carlo faceva della sua donna Fernanda ne coglievano soprattutto l'essenza, stilisticamente il più delle volte lontani dalla banalità scontata di un ritratto naturalista. Non è casuale la scelta che questo artista attua nel prediligere il disegno di figure piatte, sospese in spazi indefiniti privi di profondità prospettica, eleggendo il puro segno e quel tratto stressato, quali gli unici elementi essenziali per descrivere il suo amore per Fernanda. Ma è importante affermare, così come non si debba separare la sua vita dalla creatività dell'artista, il suo vissuto dalle sue opere come egli non intendesse celare nelle opere il senso di mistero inteso come vuoto, né descrivere l'assenza paurosa di un centro vitale e animatore attraverso il disegno di elementi apparentemente contraddittori. Ciò che attraverso i suoi quadri confermava quel senso di effimero e di caduco corrispondeva alla verità intima della propria esistenza. Ma lo si poteva tuttavia interpretare anche in un senso totalmente rovesciato, quando accadeva che all'artista corrispondesse un diverso stato d'animo, rafforzato dal sentimento per un'inedita comunicabilità. È la conseguenza di questo processo soprattutto mentale prima ancora che pratico, se i soggetti di Carlo Vincenti mutano i propri connotati nella rigidità schiacciante delle forme, alternandosi con la solidità di accennate architetture, tra spazi geometrici indefiniti.
La materia risalta e prevale sulle sfumature così come le figure dominano nello spazio, soprattutto se esili, proprio perché libere da ogni artificio e da ogni ornamento.
Carlo Vincenti delinea volti femminili nella loro semplicità, anche quando se ne esalti il senso dell'isolamento tormentoso, senza tuttavia esagerarne il dramma. L'atto con cui Giovanna Iorio ha voluto scegliere tra le opere di Carlo Vincenti, quelle che fossero più vicine al suo sentire, ancora una volta rivelano la sintonia che si è andata creando tra lei e l'artista: non nel rafforzare quel senso di indefinito che talvolta traspare nei ritratti di Carlo Vincenti o di vuoto e di silenzio prima che venissero distinti gli uni e abitati gli altri, proprio con le parole de “La memoria dell'acqua”.
Con questa raccolta di poesie per entrambi è stato possibile riaffermare la propria continuità stilistica, frutto di influenze esterne e del divenire proprio delle loro esistenze, in tempi diversi e separati: sollecitati da continui stimoli intellettuali, emotivi e fisici, hanno teso il loro pensiero al valore insostituibile della propria memoria, unica detentrice di insegnamenti già preziosamente acquisiti e metabolizzati. Se solo fosse ancora possibile pronti per accoglierne ancora.