| La raccolta poetica  della “giovane poeta” irpina ,  così come  scrive di lei Miriam Castelnuovo nella postfazione, “La memoria dell’acqua”  sgorga dall’incontro con il giovane pittore /poeta  Carlo Vincenti (1946-1978): scomparso a soli  trentadue anni dalla scena terrena, immortale nelle sue molteplici opere  d’Arte. Un incontro occasionale o destinato ?, non sappiamo rispondere a questa  domanda. Di fatto gli occhi di Giovanna e di Carlo si sono attraversati,  contenuti, raccontati: “ corrispondenza di amorosi sensi”.Quanto dolore cela  l’esistenza, che duro percorso solleva agli occhi attenti della poeta o  dell’artista che l’attraversa?,:
 
 (…) l’albero vicino  azzittiva
 con tutti i  suoi uccelli
 con tutti i  suoi frutti maturi
 pronti a cadere al suolo   (pag.11)
 
 L’albero vive più  dell’uomo, profonde fertilità e dona senza chiedere nulla in cambio, conserva  la sua naturalità e onestà. “Azzittiva”: la fine del tempo, del canto degli  uccelli, la caducità dei frutti raggiunti, il suolo che accoglie ogni frutto  maturo per farne terra con la terra. Il volo e il sogno si perdono. Una vita  spenta nel meglio della sua giovinezza. Il ripetersi di “una storia” alla quale  assistere o entrarne misticamente a farne parte, anche se a distanza di tempo,  nelle frequenze rimaste: gli oggetti, il nastro di seta “liscia liscia” che  percorrono la lingua assetata nel raccontare.
 Il racconto in versi  della Iorio, dell’esistenza artistica di Carlo Vincenti , è la spola di una  donna antica e moderna al tempo stesso, una donna che compone la sua tela nelle  opere di un altro artista dal quale prende spunto e colori. L’azzurro, è il  colore che prevale, per l’amore verso l’acqua e verso il mare. Dare la mano a  chi è scomparso, e ricompare nei volti femminili sospesi in “una storia” senza  tempo, racchiusa in una grotta tombale, etrusca, dove sulle pareti sono  graffiti, in solchi di colore, le vicende dell’illustre scomparso.
 L’anafora è la forza  del racconto. Lo svolgimento asindetico la velocità dei versi. La rima  baciata, alternata, le assonanze, sono la  tavolozza dei colori e dei profumi che   si mischiano per condurre il lettore alla scoperta di quel suono “  goccia a goccia” che lo chiama ad entrare nella grotta del’anima:
 
 “esplorano lutti
 pupille cieche
 s’immergono in  lacrime antiche
 flutti ricordi fughe  radici “  (pag.13)
  Le donne sono il filo  conduttore della raccolta. Le donne ritratte nelle opere di Vincenti danno  sfogo alla voce che emerge dal silenzio. Iorio diviene la Sibilla, l’iniziata,  che invoca i miti d’acqua, di luce, di suolo, per intraprendere il viaggio  verso lo sconosciuto mare dei volti ritratti nelle opere, immersi nel silenzio  assordante del vuoto. La memoria è acqua sorgiva, in continuazione. Quando si  ferma l’opera di un uomo, la continua l’ altro, traendolo dalla notte eterna:
 “disegnami lingua e  sorriso
 completami il viso
 voglio inondare di  parole
 questo giaciglio. “  (pag.19)
 
 L’intera raccolta  vibra dei colori della vita, dei profumi inaspettati che ogni giorno accendono  la quotidianità: la lavatrice, la birra, la lattina, i panni da lavare, il  rimettere in ordine il tavolo dopo il pranzo, i versi ci conducono parola dopo  parola davanti alle immagini :
 
 “Il moto
 che sorprende le  cose
 addormentate
 in cucina “              (pag.47)
 
 Svegliare dal  silenzio colui che il silenzio vorrebbe cancellare. Andare “oltre il bordo”  dell’esistenza senza esitare. Sentire che il destino chiama per nome i vivi a  rendere la loro parte, nel colore della Vita, come marinai sulla barca nel  momento in cui la tempesta insorge senza segni nell’aria. Il mare che culla e  sbrana. La quiete della sorgente che promana la vita e la furia delle onde che  ci allontanano dal porto del comune destino.
 Stupendamente ha  scritto Miriam Castelnuovo nella sua postfazione: “Giovanna Iorio e Carlo  Vincenti percorrono la strada della propria esistenza con la forza del solo  linguaggio.” (pag.75) Non trovo definizione più adeguata per un incontro  tra  due artisti sulla strada  dell’esistere . Mi vengono alla mente, come nel racconto che l’acqua conserva  da milioni di anni per il nostro azzurro pianeta, le parole del poeta Alfonso  Gatto, nel “licenziare” nel 1969 la sua raccolta di poesie “Rime di viaggio per  la terra dipinta”, che accompagnava altrettante ” tempere” realizzate dalle  mani stesso autore: “ Qui, su queste pagine scritte, sulle altre per acqua  trasparenti al segno e al colore, ancòra di me si tramanda l’immagine che mi  precede e mi aspetta:  là dove mi  troverò, là dove potrete trovarmi con l’aria di divertire ogni pensiero che  passa. E sia pure “vanità” l’atto ( e l’amore) del dirmi addio.”  (Mondadori,1969)
  Giugno, 2012  vincenzo  d’alessio      |