Nota dell'autrice 
          SULLA TEORIA DEL GENDER
        Affermare che esista la teoria del gender è come  credere ai vampiri. La teoria del gender non esiste.
          Mai nessuno studioso, in ambito accademico, ha pensato  di scriverci o parlarci su. Diciamo che chi lo ha fatto, volutamente, ha creato  confusione con i gender  studies, nati tra gli anni  Settanta e Ottanta.
          Questi studi, che affondano le loro radici nella  cultura femminista, sbocciarono nel momento in cui anche alle donne fu permesso  di dire la loro. Le donne si conquistarono la possibilità di parlare, studiare  e di riscrivere la storia. La storia come sappiamo è stata scritta dai  vincitori, cioè dagli uomini. Il potere è stato sempre in mano a questi, con la  conseguente sottomissione della donna.
          Con l’affermazione degli studi di  genere sono le donne che riscrivono la propria storia. Ci sono studiose che  hanno piantato solide radici perché le nuove generazioni avessero la  possibilità di avere coscienza della propria condizione. È scontato dire come  in una società patriarcale il ruolo e il pensiero delle donne sia stato sempre  emarginato. 
          Ecco, tutto nasce da qui: le donne pensano, scrivono,  agiscono e se la cavano da sole, senza l’assillo di un uomo o delle regole che  gli uomini hanno imposto per dir loro come vivere.
          Gli studi di genere si interrogano sul modo in cui la  società, nel tempo, ha interpretato le differenze tra maschile e femminile,  evidenziando la disparità che esiste tra uomini e donne. Vogliamo negare che ci  siano delle disparità? Le donne sono veramente trattate come gli uomini? Hanno  le stesse possibilità nel mondo del lavoro e di carriera?
          Gli studi di genere pongono una  netta divisione tra quello che è il sesso biologico, maschio/femmina, e quello  che poi si diventa.
          Il fatto che io nasca femmina non significa che debba  essere eterosessuale, madre e casalinga. Il fatto che io nasca maschio non  significa che debba fare il meccanico, puzzare come un cinghiale, essere  eterosessuale e fare figli per dimostrare la mia mascolinità. Diciamo che il  fatto di avere un organo sessuale femminile non mi impedisce di fare  l’avvocato, il prefetto, il medico, l’astronauta. E come si vede, nel  linguaggio ancora fatto dagli uomini, tutta una serie di professioni sono  ancora declinate unicamente al maschile.
          Sin da bambini il nostro percorso è tracciato: il rosa è femminile, il blu  maschile, esistono dei giochi da femmina e altri da maschio, e guai che un  bambino giochi con una bambola. Una bambina sin da piccola viene educata ad  essere obbediente, sottomessa, accudente, silente, in modo che altri decidano  per il suo futuro. Ma chi lo ha deciso questo? Perché un bambino o una bambina  non possono avere il cento per cento delle possibilità per realizzare la  propria esistenza? Perché sin da bambini non si possono apprendere  le pari opportunità della felicità e del rispetto?
          E una ragazza che sente di amare  un’altra ragazza? In questo caso, cosa si deve fare? Intervenire con cure  riparative distruggendo e annientando la persona? Veramente vogliamo affermare  che,  siccome gli eterosessuali sono la  maggioranza, allora esiste un unico modo di amare? Questo è un pensiero comodo  e nazista che sopprime la libertà individuale e il normale fluire di una  società in continua trasformazione.
          E se proprio vogliamo dire le  cose come stanno sulla cultura degli studi di genere, spieghiamo che il sesso  da solo non basta a definire chi siamo. La nostra identità è in continua  costruzione ed è costituita dal sesso, dal genere, dall’orientamento sessuale e  dal ruolo di genere.
          Il sesso è determinato  biologicamente: femmine o maschi. Ci sono dei casi in cui è difficile capirlo e  allora si parla di intersessualità. 
          Il genere, invece, è un costrutto socio culturale. Ci  sono dei ruoli (di genere) ritenuti consoni all’essere maschile o femminile. Ci  sono delle regole, atteggiamenti, comportamenti a cui sottostare. Questi sono  difficili da combattere perché radicati nelle tradizioni e nella cultura  patriarcale. Il ruolo di genere si acquisisce.
          L’identità di genere è come ci si sente: uomo o donna  e non ha nulla a che fare con il sesso biologico.
          L’orientamento sessuale è invece l’attrazione,  affettiva e sessuale, che abbiamo verso il nostro stesso sesso, il sesso  opposto o verso entrambi.
          Come vedete la situazione è ben più complessa di come  la si presenti. 
  “Educare al genere” non significa  educare all’omosessualità, alla trasgressione, ma educare alla libertà di  essere quello che uno si sente, senza che una società maschilista e  eterosessista inculchi stereotipi vecchi di centinaia di anni. Studiare e  capire come la società abbia costruito il ruolo sociale dell’uomo e della donna,  basandosi su luoghi comuni e sugli stereotipi, permette l’evoluzione sana della  propria personalità.