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FIABE DI SUTRI
Parole impigliate tra i capelli
Martina Cecilia Salza


Presentazione di Brunella Bassetti

“Ecco che cosa ho pensato: affinché l’avvenimento più comune divenga un’avventura è necessario e sufficiente che ci si metta a raccontarlo. È questo che trae in inganno la gente: un uomo è sempre narratore di storie, vive circondato delle sue storie e delle storie altrui, tutto quello che gli capita lo vede attraverso di esse, e cerca di vivere la sua vita come se la raccontasse”.
Così scriveva Sartre in un suo celebre romanzo e Martina, sicuramente, nella sua vita ha scelto di scrivere e di raccontare divenendo, nel corso degli anni, una «narratrice di storie».
Eravamo bambine quando le nostre si sono incrociate, quando quel sottile filo rosso giapponese – Unmei no akai ito? – che lega le persone, i luoghi, il tempo ha cominciato a tessere il percorso della nostra «antica» e «sempreverde» amicizia molto più importante di una lontana parentela tra i nostri nonni. Ogni mattina – in un tempo ormai lontano ma vivido nella mia memoria – aspettavo la «ritardataria» perché doveva sistemarsi i lunghi e fluenti capelli! Proprio quei capelli dove sono rimaste impigliate le parole, le storie, le favole che ha deciso di condividere con tutti noi. Superato l’arco di piazza ci avviavamo allegramente verso le scuole elementari e all’occhio attento di due bambine «curiose» nulla sfuggiva e ogni singolo avvenimento diventava una «storia», realmente accaduta o inventata; così come i vari «personaggi» che popolavano le nostre giornate e i nostri racconti. Come non ricordare, per esempio, le famose «bacchettate» del nostro maestro Fontana?!

Uno dei meriti maggiori che va riconosciuto alla nostra cara Autrice sutrina è senz’altro la voglia e il desiderio di divulgare non solo le sue grandi passioni (la scrittura e la fitoterapia) ma, soprattutto, l’«amore» ininterrotto per la sua, la nostra e di tutti «Antichissima Città di Sutri».
Leggendo per la prima volta questa raccolta di favole (ormai qualche anno fa quando erano appena abbozzate) ho rivisto e rivissuto – in alcuni passaggi delle stesse – il nostro «mondo» fanciullesco; soprattutto, per quanto riguarda Ceciarello e Il tesoro dei morti. Dalla stanza della memoria è riemersa la statua dorata di Santa Dolcissima così come le palle di cannone, poste ai lati dell’altare, a perenne ricordo della benevolenza e protezione della santa. Lungo i vicoli, stretti e labirintici, che conoscevamo a memoria, mi è parso di vedere il piccolo Ceciarello giocare insieme a noi. E poi la piazza che, allora, era vera e propria «agorà»!
Ad orecchie moderne e a una certa didattica soft la narrazione contenuta ne Il tesoro dei morti potrebbe apparire non idonea come favola da raccontare a bambini e bambine. Eppure all’epoca si andava a comprare il vino con il fiasco... tra le tante ricordo la fraschetta/taverna lungo il vicolo per arrivare a san Sebastiano. Leggendo la storia mi è parso di rivivere quei luoghi, quelle atmosfere; ho risentito – come per incanto – l’odore caratteristico delle «grotte» misto al dolce sapore del mosto; il fumo di legna bruciata e l’inconfondibile architettura tufacea dove, tra un interstizio e l’altro, cresceva spontaneamente quel «verde muschio...» egregiamente narrato in un precedente romanzo di Martina.

Le parole hanno questo potere magico: sono eterne! Parlano al presente, fanno riaffiorare il passato e sono guida per il futuro!
Ci sarebbe tanto altro da scrivere se solo continuassi a «guardare» all’interno di quella valigetta verde di cartone (dove erano riposti i nostri lavori di taglio, cucito e ricamo) che custodiva e ha custodito i nostri sogni e le nostre speranze.
Ciascuno di noi ha il dovere e l’imperativo – morale e civico – di tramandare storie, tradizioni, usi e costumi, lingua e dialetto del proprio luogo del «cuore». Martina, lo fa da sempre: non solo attraverso il suo impegno politico e sociale ma – soprattutto – recuperando la «memoria» attraverso parole mai sopite ma scolpite nella nostra parte più profonda e intima come la bellissima Sherazade, archetipo del ruolo civilizzatore della letteratura e della fantasia.