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L'AVANA CITTÀ DEI SOGNI INFRANTI
Mario Ciotti


Prefazione di Giacomo Bortone

Chiunque si accinga a ricercare una storia di libertà e di orgoglio non può non imbattersi nella gloria epocale di una delle città più affascinanti del pianeta. L’Avana ha rappresentato per intere generazioni nel corso della metà del secolo scorso un anelito di vita e di speranza per tutti coloro che in ogni luogo e in ogni tempo hanno sentito e continuano a percepire l’oppressione di un sistema economico-sociale in declino, com’è quello capitalistico. Cuba e la sua capitale nel corso dei decenni da quella rivoluzione abortita nell’ignavia degli stati e nell’indolenza dell’intellighenzia mondiale ha dimostrato all’intera umanità una possibile via d’uscita dal perverso giogo degli interessi strategico-militari ed economici degli Yankees, non solo d’America. A tutt’oggi non sono riuscito a leggere frase migliore dal punto di vista umanitario e filantropico di quella scritta da uno dei padri dell’attuale Cuba, il dottor Ernesto Guevara. In una lettera ai suoi figli ebbe a pronunciarsi sul loro futuro e sulle aspettative nei loro confronti; “...e soprattutto siate sempre capaci di sentire sulla vostra pelle qualsiasi ingiustizia commessa in qualunque parte del mondo”. L’ideale di una società giusta e pacifica, rispettosa dei più elementari diritti umani è stato l’obiettivo di Fidel Castro, uno dei più grandi capi di Stato che la storia abbia conosciuto, al di là di ogni giudizio ideologico di sorta. Il leader maximo ha solo in parte realizzato i sogni dei cubani non essendo riuscito a conseguire quei traguardi di prosperità e di felicità che l’intero popolo bramava da decenni. All’indomani della rivoluzione, vinta contro il più grande dei nemici, le emozioni prevalenti che serpeggiavano nel popolo cubano erano prevalentemente quelle della gioia e dell’orgoglio per essersi riscattati da un totalitarismo che faceva invidia alle peggiori dittature del Novecento. A questo afflato misto di passioni umanitarie e sentimenti libertari dei cubani hanno partecipato intere generazioni di tutto il mondo al punto da far divenire sacre e inviolabili le icone della rivoluzione. Un altro mondo è possibile? Ebbene Cuba e la sua rivoluzione tra le mille contraddizioni a provato a fornire una risposta a questo angosciante interrogativo che ancora oggi ogni cittadino libero e intelligente del mondo si pone.
Ma l’impietosa storia dagli anni Sessanta in poi ha tracciato un quadro a tinte fosche della Cuba vagheggiata nei sogni dei pensatori liberi. Accanto allo Stato capace di fornire istruzione e sanità di base per tutti e soprattutto gratuita, ha convissuto una povertà fatta di quotidiani stenti e di ricerca di ambiziose e lusinghiere mete esistenziali. Contraddizioni di un Paese che ha cercato in tutti i modi di difendersi dal più scellerato degli embarghi orditi ai danni di intere generazioni di cubani nella storia dell’umanità. Possiamo considerarla un’attenuante alla frustrazione di un popolo che ha nutrito per anni fiducia e aspettative di un futuro felice diverso da un passato fatto di soprusi, saccheggi e schiavitù? Liberi si, ma da chi e da cosa? E che cosa si è ottenuto con tanti anni di sacrifici? Quali saranno le prospettive di vita delle future generazioni cubane? Questi e altri interrogativi della stessa cromatura mi ponevano le decine di persone con cui mi sono attardato nel mio viaggio alla ricerca di una verità che oggi più che mai giudico enigmatica. Specie se la si voglia valutare con i valori di riferimento del sistema socio-politico in cui viviamo e col nostro disgustoso etnocentrismo. Quanta gloria c’è nella rivoluzione compiuta e quanta colpa c’è nella rivoluzione tradita? Un rebus sociologico inestricabile che lascio volentieri ai posteri per l’ardua sentenza. F. Castro cautelativamente ebbe a pronunciarsi sulle scelte operate nel corso della sua esistenza: «La historia me absolverà».
Questa perla dei Caraibi, incastonata in un paesaggio naturalistico ambientale da far credere al Paradiso terrestre (malgrado le deturpazioni perpetrate delle multinazionali col beneplacito della Società delle Nazioni) nelle sue mille sfaccettature è stata scandagliata soprattutto nei suoi meandri psico-sociali dall’autore di questo interessante romanzo biografico, che strizza l’occhio alle teorizzazioni più avvedute dell’odierna psicologia della felicità e dell’amore. Ecco, appunto, l’amore e la passione amorosa in genere e i confini della sua autenticità e della sua essenza, questo pare essere il motivo di fondo del lavoro del dott. Mario Ciotti. Per quanto mi riguarda, sull’argomento pesano oggi più le domande che le risposte.
La felicità alcuni autori della psicologia la fanno coincidere con l’assenza di malessere e la presenza di benessere psico-sociale; e ancora, con la ricchezza di sentimento e con l’amore per se stessi e per gli altri; o, addirittura, la si declina come l’assoluta libertà di scelta (sempre che esista o sia mai esistita). Pronunciate in questo modo le definizioni di felicità darebbero l’impressione di un romanticismo astratto e velleitario e potrebbe sembrare una banalizzazione di una delle questioni che ha angustiato generazioni di filosofi prima e di psicologi. Personalmente ritengo che sia una tematica complessa che stenta ad essere incasellata in fuorvianti entità classificatorie. Probabilmente andrebbe ricercata la sua essenza nella estrema duttilità della mente umana che consente, malgrado le avversità della vita, nel suo sforzo di sopravvivenza di apprezzare ogni istante e ogni occasione che il cammino presenta.
Il sentimento amoroso ha altre prerogative. Il filosofo Umberto Galimberti lo identifica con l’inevitabile follia che ne caratterizza lo stato di ebbrezza e di irrazionalità. Meno banale appare, tale constatazione, se si pensa alla problematicità concettuale del termine amore e alla sua poliedricità semantica. L’amore si lega in modo inscindibile con quell’atavica aspirazione umana, la felicità. Quest’ultima sebbene possa ritenersi una chimera, di fatto la si percepisce in particolari contingenze di vita. Questo è il sentimento che più di ogni altro prova a veicolare l’autore.
Oggi molti professionisti del settore delle scienze umane si approcciano alla felicità e all’amore, evocando vecchi concetti e mistificanti teorie che si sciolgono di fronte alla velocità del cambiamento e alle rinnovate esigenze di una relazionalità sempre in movimento. E tutti invocano (e invochiamo magari per nostra fragilità) la panacea: adeguarsi al mondo transeunte curandosi solo del presente; una sorta di logica del carpe diem.
Del resto, basta guardare ai disinvolti e rapidi cambiamenti politici che si registrano nei Paesi occidentali in particolare. Ogni formazione politica si presenta sempre con un programma dispensatorio di beni e servizi che possano realizzare sogni di serena convivenza, salvo poi tradirne sistematicamente i presupposti nella pratica.
Ecco forse proprio in questa luce il presente romanzo, che il lettore avrà modo di gradire, trasuda una sorta di perdizione dei protagonisti nei meandri del sentimento e della passione che travolge tutto e tutti e sembra superare anche gli steccati politici che le fanno da sfondo. Per evitare il declino del sistema e rispondere alle sfide di mutamento vorticoso del corpo sociale e degli inquietanti scenari internazionali, bisogna porre il tema della felicità e della gioia di vivere al primo posto nell’agenda di chi ha il potere di decidere le sorti culturali delle future generazioni.
Il sinolo di amore e felicità non rende conto della complessità semiologica dei due termini. Lo scritto di Mario Ciotti, nella sua passionalità narrativa, cattura per le travolgenti implicazioni psicologiche e speculative sull’innamoramento e sulla relazione amorosa. Le condizioni socio-economiche possono indurre a pensare a scelte amorose libere? Dove inizia l’amore e dove finisce la spasmodica ricerca del benessere a tutti i costi? Il turismo sessuale rappresenta una realtà con cui occorre confrontarsi nella misura in cui gli attori, consapevoli delle rispettive prerogative, agiscono le proprie istintuali passioni e i propri profondi desideri. Ogni attore della diade relazionale trova, forte della cultura di appartenenza, la ragion d’essere della propria scelta senza curarsi di fornire spiegazione alcuna. Le reciproche motivazioni si dipanano nella tacita accettazione di un fugace presente che ottunde ogni razionale controllo e indulge in un’inebriante estasi sentimentale; da qui lo scintillare di sensazionali emozioni che adescano la curiosità di chi legge rigo dopo rigo. Si potrebbe obiettare: emozioni a basso costo che lascerebbero scorgere reconditi desideri di libertà e di benessere mal celati. Questa è la narrazione sociologica che condanna con disprezzo, sacrosanto aggiungo, il turismo sessuale ormai divenuto un pandemico morbo che si concentra prevalentemente nei Paesi del Terzo mondo. Ma ritengo che, a fronte di uno spregevole e disgustoso cinismo con cui la maggior parte dei cittadini del Nord del mondo colonizzano i corpi delle cittadine del sud del mondo, vi sia una piccola oasi di amore che anima alcune coppie di nostalgici romantici. Cosicché la ricerca di una rinnovata passione e di un sentimento di autentico trasporto emotivo possa condurre questi temerari esploratori dell’anima a ricercare quella quiete dello spirito che possa appagare l’inquietudine del vuoto affettivo che le nostre culture ingenerano. Si, perché è proprio questo vuoto affettivo e relazionale a scatenare la bramosia di un amore che le nostre società hanno reso liquido, per usare un’espressione di Zygmunt Bauman. La mercificazione del sesso e l’aridità affettiva hanno caratterizzato le società dell’ultimo secolo. E con questa chiave di lettura le coinvolgenti vicende narrate dall’autore restituiscono al lettore un’istantanea sulle dinamiche passionali e sulle prospettive delle relazioni tra culture differenti che inoculano maliziose vezzosità nella psicologia di chi legge. Nel determinismo dei comportamenti affettivi giocano un ruolo sempre e comunque le dinamiche sociali che ogni cultura concepisce. Questa ibridazione di civiltà che si intersecano in un vortice di passioni amorose fornisce l’opportunità di riflettere anche sul valore dei rapporti di coppia e sulle reali condizioni che ne sostanziano la ragion d’essere. La realtà dei rapporti quotidiani nella sua eterogeneità è viziata dall’illusione della libera scelta e del libero arbitrio; le conseguenze piovono sulle singole teste in un caleidoscopico infrangersi di sogni sull’amore vero e sull’amore libero. Ogni anfratto della socialità viene in qualche misura influenzato dalla organizzazione socio-economica, che come un rullo compressore schiaccia le ambizioni di ogni singolo individuo, velleitarie o meno che siano.
Una suggestiva esortazione finale: di fronte al disagio della civiltà (cfr. S. Freud), in alto i nostri cuori... Per aspera ad astra!