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IL MODELLO OLIVETANO DI SANTA FRANCESCA ROMANA:
IL BUON GOVERNO DI VIGNE, ORTI E GIARDINI
Carla Benocci


Presentazione di Barbara Jatta (Direttore dei Musei Vaticani)

Il volume di Carla Benocci, dedicato a santa Francesca Romana e al modello olivetano, non si limita a raccontare la vita di una santa o la storia di un Ordine religioso, ma apre una prospettiva complessa che unisce spiritualità, storia, arte e cultura materiale.
Le oblate di Tor de’ Specchi, insieme alla figura della loro fondatrice, incarnano infatti un modello di “buon governo”, che trova espressione tanto nella cura della natura quanto nella committenza artistica e nella gestione degli spazi comunitari.
La protagonista, Francesca Bussa de’ Leoni, più nota come santa Francesca Romana (1384-1440), appare come una donna dalle molte identità: moglie e madre, vedova, mistica, fondatrice, oblata. Una figura che, pur radicata nella Roma del suo tempo, supera i confini del contesto storico per proporsi come esempio universale di sintesi tra contemplazione e azione, fede e concretezza, governo spirituale e cura della terra. La connessione tra la vita di santa Francesca e la celebrazione mariana dell’Assunta sottolineata nel testo non è casuale: entrambe indicano un cammino di elevazione, di fedeltà e di totale adesione al disegno divino. Maria, assunta in cielo, e Francesca, testimone instancabile della carità terrena, si pongono come due pilastri di un’unica esperienza di fede, quella che unisce silenzio contemplativo e azione concreta.
Attraverso una lettura attenta delle cronache olivetane, delle fonti documentarie e delle testimonianze artistiche, l’autrice ricostruisce un quadro articolato che abbraccia tanti secoli di storia. Il volume è scandito in sei capitoli, ognuno dei quali mette in rilievo un aspetto specifico: dalle origini dell’Ordine olivetano alla fondazione del monastero romano di Tor de’ Specchi, dall’amministrazione dei beni agricoli di Vetralla alla committenza artistica delle oblate, fino alla riflessione sulla continuità di un modello che si rivela straordinariamente attuale.
L’autrice descrive l’atto fondativo del 15 agosto 1425, quando Francesca e le sue compagne si offrirono come oblate all’Ordine di Monte Oliveto. Questo momento è immortalato nell’affresco di Antoniazzo Romano a Tor de’ Specchi (1468), una delle principali fonti iconografiche per ricostruire le origini dell’istituzione. Gli affreschi, arricchiti da vedute di una Roma quattrocentesca, sono accompagnati da testi in volgare. Vi compaiono episodi come l’Oblazione, i Miracoli del vino e del grano, la Resurrezione del giovane annegato, l’apparizione del figlio Evangelista e le esequie della santa. Il soffitto ligneo, vivacemente decorato a motivi floreali, presenta volti della santa lungo i bordi.
Questo libro non è soltanto un contributo alla storia religiosa di Roma e del Lazio, ma anche un invito a riflettere sul valore attuale di un modello di sostenibilità e armonia tra uomo e natura che affonda le radici nel Quattrocento. L’analisi interdisciplinare è infatti il punto di forza del volume. L’autrice intreccia fonti archivistiche, analisi iconografiche e studi paesaggistici, mostrando come l’esperienza spirituale delle oblate non possa essere compresa appieno senza considerare la gestione degli spazi verdi e dei beni agricoli. La dimensione naturale non è presentata come sfondo, bensì come protagonista della vita monastica: gli orti, le vigne e i giardini diventano luoghi di lavoro, di contemplazione e di identità comunitaria. L’attenzione al simbolismo vegetale (ulivo, agrumi, cipresso, palma) rivela inoltre un raffinato intreccio tra liturgia, iconografia e pratica quotidiana.
Dai giardini monastici agli orti coltivati dalle oblate, ogni elemento contribuisce a comporre una visione unitaria, in cui la bellezza si intreccia con la funzionalità, e la natura diventa linguaggio simbolico della fede. Questa visione integrata costituisce il lascito più vivo del modello olivetano, che ancora oggi può ispirare nuove forme di rispetto per l’ambiente e di armonia tra vita spirituale e quotidianità.
L’attenzione si sposta poi sugli spazi romani legati alla santa: la chiesa medievale di Santa Maria Nova (oggi Santa Francesca Romana) e il complesso di Tor de’ Specchi. Le stampe del francese Israël Silvestre e altre fonti figurative documentano l’evoluzione architettonica e la devozione popolare. Il testo mostra come gli orti e i giardini monastici fossero luoghi di meditazione ma anche di sostentamento, progettati secondo criteri simbolici e pratici. Gli agrumi, i cipressi e le palme dipinti negli affreschi di Tor de’ Specchi testimoniano una concezione sacrale della natura, in cui ogni pianta assume un significato spirituale e liturgico. Poi l’indagine si sposta a Vetralla, dove le benedettine amministrano vigne, orti e terreni agricoli. Documenti e iconografie raccontano come questi luoghi fossero organizzati con criteri di produttività ma anche di armonia con l’ambiente. La descrizione delle proprietà e delle pratiche agricole si intreccia con la rappresentazione artistica del paesaggio: mappe, vedute e decorazioni conservano la memoria di un sistema agricolo-monastico attento all’etica e all’estetica.
Il modello olivetano, fondato su natura, spiritualità e buon governo, si è perpetuato nei secoli, trovando nuove forme di rappresentazione artistica e culturale. La cura degli orti, la sacralità del lavoro agricolo, l’uso delle immagini come strumenti di catechesi restano elementi attuali, che collegano il passato medievale e rinascimentale con la sensibilità contemporanea.
Dal punto di vista storico-artistico, il volume si rivela particolarmente prezioso. Gli affreschi quattrocenteschi di Tor de’ Specchi, attribuiti ad Antoniazzo Romano, sono letti non solo come narrazione agiografica, ma come riflesso della teologia della natura e della sacralità del lavoro agricolo. Le committenze artistiche delle oblate, spesso trascurate dalla storiografia, emergono qui come elementi essenziali per comprendere il ruolo attivo delle donne nella costruzione di un immaginario collettivo. La connessione tra arte, paesaggio e spiritualità conferisce al volume una prospettiva innovativa, che amplia le tradizionali categorie di analisi.
Il volume rappresenta una tappa significativa negli studi su santa Francesca Romana e sugli olivetani, aprendo nuove prospettive di ricerca sul rapporto tra religiosità femminile, arte e paesaggio. La figura della santa emerge come simbolo di modernità, capace di coniugare fede e azione, contemplazione e governo delle risorse.
Questo intenso libro di Carla Benocci è un invito a riflettere sul nesso profondo che unisce spiritualità e natura, arte e paesaggio, storia femminile e buon governo. Santa Francesca appare come un simbolo di modernità ante litteram, capace di unire fede e azione, contemplazione e responsabilità sociale. Le oblate di Tor de’ Specchi diventano esempio di un modello comunitario che, radicato nel Quattrocento, offre ancora oggi una lezione preziosa: quella di un’armonia possibile tra uomo e natura, tra vita spirituale e quotidianità, tra memoria storica e attualità etica.

Risposta (Carlo Pavia)
Caro Carlo, rispondo pubblicamente. Dei 666 ipogei (volutamente... 666) da me studiati, documentati e trattati nelle centinaia di conferenze tenute in questi (primi) 50 anni di Roma sotterranea, nel dossier proposto per questo libro se ne contano solo 100 (anzi, 102, così come giustamente hai notato). Sono chiaramente i più belli, i più suggestivi e i più emblematici; si tratta di veri e propri monumenti. E gli altri? Anch’essi posseggono una grande importanza ma non sono affascinanti al pari dei primi. Si tratta di brandelli di una Roma antica estremamente utili per gli archeologi (specialmente quelli specializzati in topografia come me) ma affatto interessanti per il pubblico generico. Per tale motivo non sono pubblicabili se non su testi tecnici o riviste apposite.