HOME

purpurea lux
SIGHANDA

Prefazione
Alfonso Antoniozzi
Assessore alla Capitale Europea della Cultura
al sistema Museale, Musicale, Teatrale e Bibliotecario
Vice Sindaco del Comune di Viterbo


È con profonda emozione che inauguriamo questo nuovo spazio espositivo all’interno di Palazzo dei Priori, un luogo che oggi si offre alla città e al mondo come segnale concreto della candidatura di Viterbo a Capitale Europea della Cultura 2033.
Con la mostra Purpurea Lux, l’artista Sighanda ci conduce in un viaggio attraverso un percorso che sfugge alle consuete categorie. Non figurazione né astrazione, ma un’arte che nasce da ciò che la natura depone nel tempo, da pigmenti sottratti alla terra e restituiti come tracce di un territorio che diventa linguaggio.
La sua definizione di Estrattismo mostra quanto la geologia, la biologia e le memorie sedimentate nei luoghi possano trasformarsi in gesto artistico e ne deriva una pittura che porta con sé l’odore della roccia, il ritmo delle stagioni, la vibrazione dei minerali; una pittura in cui il paesaggio non è soggetto rappresentato, ma forza generatrice, in cui la percezione viene scardinata fino a rivelare ciò che la materia custodisce sotto la superficie, dove la forma cede il passo all’origine.
La dimensione sonora elaborata da Michele Voltini amplifica questo radicamento, perché la musica costruita con materiali acustici legati alla natura non accompagna le opere: le espande, le avvolge, permette alla mostra di diventare un’immersione in cui il territorio stesso sembra parlare. È una ricerca che si inserisce con naturalezza nelle spinte più attente delle capitali culturali europee, dove l’arte non si limita a raccontare la natura ma ne incorpora l’energia, lasciandola risuonare in una forma nuova.
Per Viterbo, questa prospettiva ha un valore preciso: la città che custodisce secoli di storia si riafferma come laboratorio fertile, capace di unire la memoria delle pietre al pensiero contemporaneo. Purpurea Lux dimostra come un luogo possa diventare strumento poetico, come un minerale possa trasformarsi in voce, come ciò che abbiamo sotto i piedi possa suggerire visioni che guardano lontano. L’arte, in questo caso, non descrive: restituisce a noi stessi ciò che spesso ignoriamo della terra che abitiamo.
Un ringraziamento sincero va a Barbara Aniello che ha saputo far emergere questo dialogo tra spazio, opera e comunità. La sua cura ha permesso che la mostra respirasse insieme al Palazzo e che il percorso assumesse un significato che va oltre l’allestimento: la possibilità per chi entra qui di ritrovare, nella materia di un colore o nella vibrazione di un suono, un legame con la propria origine.
Con questo spazio, Viterbo conferma una identità in movimento, solida nelle radici e aperta a un confronto europeo che riconosce valore ai territori capaci di trasformarsi in linguaggio creativo. Il mio personale augurio è che la luce purpurea evocata dall’artista continui a scorrere come una vena minerale dentro la nostra città, orientando un cammino in cui la cultura non sia solo ricordo o memoria ma forza viva, capace di generare futuro.