Studi Vetrallesi, 2
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Editoriale
di Enrico Guidoni

Una politica lungimirante dovrebbe considerare le antiche pavimentazioni del centro storico di Vetralla - che sono state oggetto, qualche anno fa, di uno studio specifico da parte di alcuni giovani architetti della Scuola di Specializzazione in Restauro di Roma - un patrimonio da conservare, restaurare e valorizzare.
Esse costituiscono infatti uno dei pochissimi esempi superstititi del Viterbese, ancora leggibili come sistema nonostante le lacune e lo stato di degrado: altrove si è proceduto e si procede, per ignoranza e per precisi interessi economici, a distruzioni e sostituzioni inconcepibili in un’epoca nella quale la tutela dei valori storico-ambientali e dell’autenticità viene, a parole, continuamente proclamata. L’esempio recente più grave è quello di Vitorchiano, dove le più belle pavimentazioni della Tuscia, in grandi lastre di peperino, sono state sistematicamente sostituite, privando il prezioso patrimonio edilizio medievale di gran parte del suo straordinario fascino; lo straniamento e la confusione sono ancora maggiori se si considera il gigantesco, ma certamente più innocuo, Moai tipo Isola di Pasqua collocato nel bel mezzo della piazza.
Di fronte al pericolo di queste perdite irreparabili dell’identità e di un patrimonio di tradizioni di cui i Vetrallesi sono giustamente fieri, proponiamo di fare proprio delle antiche pavimentazioni - che tra pochi anni saranno una vera e propria rarità - un punto di forza, un fiore all’occhiello e un richiamo per un turismo culturale sempre più attento ed esigente. Vetralla potrà lanciare la difesa delle antiche pavimentazioni, dei vicoli come delle arterie principali, come un vanto di cui andare giustamente orgogliosi e su cui fondare il richiamo della propria autenticità: potrà essere la prima città a combattere un processo di ammodernamento dilagante che fa leva sul disinteresse degli organi di tutela, sulla imprevidenza e sulla disinformazione dei cittadini. In questa campagna il Museo della città e del territorio, che ha organizzato già nel 1992 un Convegno su questo tema, si impegna ad appoggiare e pubblicizzare con iniziative scientifiche e didattiche in campo nazionale e internazionale l’azione del Comune, collaborando gratuitamente alla messa a punto di una strategia di intervento consapevole ed efficace. Occorre restaurare ( eventualmente smontando e rimontando) le parti deteriorate, completare secondo le antiche tecniche i tratti mancanti, verificando lo stato delle vie coperte dal battuto di cemento; impiegare soltanto lastroni di peperino ( nella prospettiva di riaprire, eventualmente, una delle cave di peperino vetrallese ), mosaico di pietre irregolari e sampietrini di basalto. Da mettere al bando, ovviamente, travertino, porfido, ecc:, ma soprattutto ogni sia pur minima distruzione dell’esistente.
Non sono proposte fantascientifiche, ma perfettamente realizzabili come dimostrano le esperienze più avanzate: in alcuni centri emiliani le pavimentazioni in ciottoli, pur considerate scomode, vengono conservate ed, eventualmente, smontate e rimontate addirittura numerando i pezzi, come si fa per l’anastilosi degli edifici monumentali.