Studi Vetrallesi, 5
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Editoriale
di Enrico Guidoni

Dopo due anni di fortunato collaudo, Studi Vetrallesi apre la nuova serie con un gruppo di articoli sulla pittura vetrallese scritti dagli allievi del corso di Istituzioni di Storia dell'arte della Scuola di Specializzazioe in Restauro dei Monumenti dell'Università di Roma "La Sapienza" nell'anno accademco 1998-99.Per motivi di spazio la seconda parte di questi lavori sarà pubblicata nel n. 6 (Luglio-Dicembre 2000).
Nonostante il proliferare degli studi, la storia dell'arte medievale e moderna nell'Alto Lazio non è ancora approdata ad una soddisfacente sistematizzazione, né ad una definizione di valori capace di rendere giustizia sia alla produzione di artisti considerati locali che a quella di artisti importati, di passaggio o comunque radicati nelle regioni limitrofe: Toscana, Umbria, area più propriamente "romana".
La tendenza dei critici viterbesi ad esaltare solo le opere dei propri conterranei e a sminuire gli apporti esterni al di là di ogni logica e di ogni ragionevole evidenza ha assunto ormai contorni inquietanti, sintomo di pericolose involuzioni metodologiche e di chiusure provinciali che vanno ormai superate.
Terra per definizione di attraversamento nel viaggio tra Siena, Firenze, Perugia e Roma, l'Alto lazio conserva, al contrario di quanto può apparire, testimonianze preziose di questo suo ruolo, e tracce importanti dell'attività di molti tra i maggiori artisti del rinascimento. Il loro riconoscimento è quindi fondamentale per la comprensione di una storia disomogenea per qualità ma di grande prestigio, e per una valorizzazione mirata, anche a fini turistici, dei beni culturali che va oltre le esigenze di catalogazione.
Da questa premessa scaturisce l'opportunità di attribuire, o re-attribuire, le opere di maggior rilievo qualitativo, spesso dovute a personalità esterne all'area, anche a rischio di forzarne, in prima approssimazione l'appartenenza a prestigiosi maestri. Solo individuando la personalità artistica di riferimento, e indipendentemente dalla eventuale realizzazione da parte di un aiuto di un cartone originale, è possibile infatti un salto di qualità e un riconoscimento sicuro di provenienza e di debito stilistico che consente anche il giusto apprezzamento dell'opera.
In questo settore di studi è certamente importante il documento d'archivio, quando è con certezza riferibile all'opera esaminata, ma la sua validità deve essere verificata da una approfondita e indipendente analisi dell'opera stessa: troppo spesso infatti nei documenti troviamo solo i nomi di imprenditori , semplici scalpellini, intermediari, e sono taciuti i riferimenti a colui che ha realmente fornito il disegno o ha iniziato un lavoro lasciato in seguito ad esecutori locali.
Già nel primo numero di questa rivista, nell'attribuire un affresco - Madonna in trono e Crocifissione - in S. Maria di Foro Cassio (Vetralla) a Masaccio, abbiamo tentato di mettere in pratica un approccio che è rigorosamente stilistico, ma che può avere importanti risvolti anche nel settore della salvaguardia e della tutela. E' evidente infatti che l'opera dell'artista di grido può essere più facilmente tutelata, restaurata, sponsorizzata.
Ecco perché i locali, insofferenti ad ogni intromissione e dediti ad esaltare solo gli artisti viterbesi o i mediocri naturalizzati sono insorti contro questa attribuzione, preferendo la distruzione stessa dell'opera alla sua salvaguardia e quindi anche alla promozione di ulteriori studi. Un certo Antinucci, senza aver neppure visto l'affresco e con l'evidente scopo di affossare subito ogni tentativo di salvare in extremis la chiesa ormai in rovina per l'incuria prolungata delle competenti autorità, si è scagliato contro questa attribuzione proponendo, al suo posto, il nome di ..Lorenzo da Viterbo. Minore clamore ha suscitato il nome di Lorenzo di Pietro (il Vecchietta) proposto come autore dell'affresco S. Orsola nel S. Francesco di Vetralla: ulteriore testimonianza della presenza di grandi artisti di passaggio, al seguito, in questo caso, della corte pontificia di Pio II; mentre maggiore risonanza, anche grazie alla sensibilità e lungimiranza dell'Amministrazione Comunale di Capranica ha avuto l'attribuzione a Michelangelo dell'affresco con S. Antonio da Padova, S. Sebastiano e S. Rocco nel S. Francesco di Capranica. Anche in questo caso si è subito levata la voce di un oppositore di principio, ma la presenza dell'arte michelangiolesca nella Tuscia è talmente diffusa e pressante che il tentativo di sminuirne la portata ci sembra per lo meno anacronistico. I nostri studi più recenti individuano tra l'altro ampie e significative tracce di una attività giovanile tanto sconosciuta quanto rivelatrice, alimentata durante i primi soggiorni romani e nel corso di frequenti viaggi tra Roma, Firenze e Siena. Un prossimo Convegno ("Michelangelo e l'arte nella Tuscia"), previsto a Capranica per ottobre 2000, metterà maggiormente a fuoco questa tematica, estendendola a tutto l'arco della vita del maestro.
Anche limitandoci, in questa nota, a Vetralla e Capranica, possiamo anticipare che a nostro parere il nome di Michelangelo può essere chiamato in causa, come colui che ha ispirato, fornito idee, disegni, per due opere conservate nella chiesa dei Santi Filippo e Giacomo a Vetralla: la tela con la Pietà, sintesi tra quella di S. Pietro e quella per Vittoria Colonna, per la quale può sembrare appropriato il nome di Marcello Venusti come esecutore;e gli affreschi con la Vergine e S. Biagio nell'abside. La stessa ascendenza dovrebbe avere la tela con Santa Barbara conservata in S. Francesco. Una derivazione michelangiolesca si può anche dimostrare per la chiesa di S. Maria del Piano a Capranica, attribuita al Vignola, e per la strada rettilinea che la congiunge alla porta di S. Antonio, realizzata dopo la morte del maestro ma proprio dal suo più fedele allievo, Giacomo del Duca.
Ogni nuova attribuzione, anche se non assoluta e spesso certamente limitata ad individuare il riferimento creativo principale, apre nuove strade alla ricerca consentendo approfondimenti in direzioni nuove. Spesso si tratta di una tappa indispensabile per pervenire , anche nella base di espliciti documenti, alla soluzione definitiva di un problema di difficile soluzione; sempre e comunque, e al di là del valore intrinseco dell’opera, il risultato è un’attenzione per testimonianze trascurate e bisognose di interventi di restauro. La distinzione esatta tra la mano del maestro e quella della bottega (cioè di non ancora riconosciuti collaboratori) resta, per definizione, materia per future ricerche e discussioni.