Davide Ghaleb Editore
Studi Vetrallesi, 8
LIBRERIA

Editoriale
di Elisabetta De Minicis

La sezione Ceramica del Museo

Nel maggio di quest'anno è stata resa visitabile la sezione Ceramica del Museo della città e del territorio di Vetralla. La sezione si articola in diversi settori e si sviluppa su due livelli del Museo dando largo spazio soprattutto alle ceramiche cosiddette “popolari” dell'alto Lazio, a cui si affiancano interessanti manufatti provenienti dall'intera area laziale, corredati da pannelli esplicativi.
Il settore più nutrito è certamente quello dedicato alla produzione di Vetralla con otto vetrine che contengono diverse tipologie di ceramiche organizzate per forma ed uso.
La fornace di Checco Lallo (Felice Ricci), l'ultimo dei “pilari” vetrallesi che ancora realizza i suoi prodotti seguendo le antiche tecniche di lavorazione, apre questo settore. Nella vetrina più grande della sala è illustrata, con un rilievo dettagliato, la “grotta” in cui l'artigiano lavora e sono conservati alcuni strumenti (la centina del forno, la carriola, le case per cuocere, le zampe di gallo, ecc..) ed i prodotti che illustrano le diverse fasi della lavorazione della terracotta.
Le ceramiche rosse invetriate e decorate in giallo e verde, tipiche della produzione vetrallese, sono organizzate per funzione: brocche e catini per l'acqua; pignatte, pignattelle, tegami, scolini, coperchi, ecc. per la cucina; scaldini, lumi, portacandele, ecc.. per la casa; orci e bettine per la conservazione dell'olio. Una raccolta di fischietti, invetriati e non, di ceramiche in miniatura (giocattoli) e di frammenti che illustrano la ricchezza dei decori in giallo e verde (fiori, foglie di olivo, tralci e spighe) completa la collezione. Una vetrina accoglie, infine, la produzione a macchie nere o totalmente nera, oggi completamente scomparsa, esclusiva delle famiglie Paolocci e Gambellini.
Un secondo settore, ospitato in un ambiente del Museo particolarmente suggestivo per le alte volte scavate nel tufo che lo caratterizzano, è dedicato alle altre principali produzioni del Lazio. Alcuni manufatti provenienti dalla Tuscia meridionale, comprendendo anche i confinanti territori della Toscana e dell'Umbria, dimostrano la larga diffusione delle ceramiche rosse invetriate e decorate mentre un variato palinsesto di macchie, in bruno e manganese, caratterizza molte altre produzioni della stessa area (Tuscania, Ficulle, Bagnoregio, ecc.).
Assai diversa si presenta la produzione del Lazio meridionale, alla quale sono dedicate una serie di vetrine, dove la ceramica maiolicata di tradizione tardo medievale continua ad avere un ruolo fondamentale. Tra le produzioni di area frusinate, una vetrina è dedicata ad Arpino, dove il corredo da mensa (brocche, ciotole, piatti da portata e catini) delle produzioni di inizio e metà XX secolo, oggi scomparse, è riccamente decorato con motivi vegetali e geometrici che spiccano, in forme ancora medievali, sul bianco smaltato. La batteria da cucina è caratterizzata dall'uso di pignatte a due manici, invetriate e non (quelle altolaziali hanno un manico solo) e il servizio da mensa da cannate per portare l'acqua anch'esse riccamente decorate. Tra queste spiccano, per la forma e per il decoro (in rosso e a spirale su biscotto non invetriato), quelle di Pontecorvo, anch'esse ormai scomparse nella loro produzione artigianale, che derivano da modelli assai diffusi in età medievale.
La tradizione ceramica di quest'area del Lazio è, dunque, legata all'ambito culturale della Campania e dell'Italia meridionale.
Alla ceramica della prima età industriale è dedicata una vetrina, curata da Giovanna Caterina De Feo, che presenta la produzione, ad imitazione della porcellana, di stoviglie altolaziali in terraglia (in particolare di Civita Castellana e Viterbo) degli inizi del XX secolo. I decori, ancora eseguiti manualmente con stampini o merletti “alla buranese”, si ispiravano spesso alle manifatture del Nord ( Mondovì, ecc.). Nell'area meridionale, invece, la prima produzione industriale si limita allo stampo di forme in terracotta smaltate, decorate manualmente per lo più con stampini a spugnetta.
In due piccole vetrine è collocata, infine, una raccolta di fischietti e giocattoli in terracotta provenienti dal Lazio e dalle regioni vicine che mettono in evidenza il ripetersi dei motivi (uomo a cavallo, animali, ecc..) in aree culturali diverse.
La sezione è arricchita dal rinvenimento di una fossa granaria, utilizzata poi come “butto”, indagata archeologicamente, che ha restituito una serie di frammenti ceramici appartenenti alla piena età medievale (tra XIV e fine XV secolo), ossa di animali, ferri ed altri piccoli oggetti della vita quotidiana che sono stati allestiti in una vetrina nelle sue vicinanze. La fossa, profonda m.4,25, è stata musealizzata così da permetterne una visione completa e la possibilità di scendere all'interno per ispezionare la struttura.