Buzz
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“Sono venuto per salvare il mondo”. Semmai qualcuno ha avuto uno scopo universale nella vita, questo è quello di Buzz Lightyear, l’eroe di Toy Story, che ripete questo ritornello quasi ossessivamente. Tuttavia, al contrario del paladino dei cartoni, che cala dal cielo per salvare tutti portando la luce, il Buzz di Diego Serafini è umano, più che umano. Un vero eroe di cartone, l’anti-buzz che si solleva dal torpore nel quale è sprofondato per portare la luce: un Luci-fero, letteralmente.
Buzz è la storia nera, straziante, ma per certi versi anche ironica, di un uomo sconfitto dalla vita, suo malgrado; impotente di fronte al destino e incapace di affrontare in modo razionale gli eventi della vita. In un ultimo slancio, quasi un canto del cigno, raccoglie infatti tutte le sue forze per salvare una ragazza sconosciuta, incontrata per poco e per caso, della quale però conosce i pensieri più intimi. Un’ombra che si trasforma nella rappresentazione del suo desiderio di riscatto morale.
Sullo sfondo una città anonima, confusa, fredda, disinteressata, piena di strade, automobili, e persone senza volto. Le poche che si delineano sono derelitte, in cerca di qualcuno su cui sfogare le proprie meschine frustrazioni e in fuga verso la ricerca di un motivo per vivere o morire. Ma leggendo ci accorgiamo che siamo completamente partecipi della visione unilaterale dell’antieroe. Immersi in una visione, piuttosto che di fronte a un racconto. Ogni azione del nostro Buzz è delirante. Nella sua ricerca di purezza e salvezza compie delle azioni che danneggiano se stesso e chi ha la sventura di capitargli a tiro. Il suo grido di aiuto si trasforma nell’urlo di un pazzo. Ma non si tratta di follia, più appropriato sarebbe parlare di cortocircuito. A essere difettosa, in realtà, non è la sua psiche, ma il suo modello del Mondo, la sua Mappa che, ingessata e deformata da una visione generata dal non-confronto, riduce sempre di più la sua libertà di scelta, fino all’auto-convincimento che per salvare il mondo sia necessario uccidere. Il problema risiede, dunque, nel linguaggio e nella sua trasmissione. La comunicazione, nel caso di Buzz, durante il suo tragitto e nella sua strutturazione logica ha subito infatti una deformazione irreversibile.
Il Buzz di Diego Serafini è lo specchio del Buzz animato: la sua anima nera. Pur assumendone le fattezze, ha soprattutto le caratteristiche di un Prometeo moderno, un attualissimo Frankenstein prodotto dalla società che nella sua anelante corsa dimentica troppo spesso l’essere umano.
Queste sono le premesse di un romanzo intenso, dal ritmo incalzante, dalla scrittura fluida e accattivante; Diego Serafini, alla sua prima prova letteraria, ha dato vita a un testo del quale godere -dotato di grande dinamica- e da cui prendere spunto per riflettere e guardare la realtà circostante.
Roberta de Vito