La vita nostra è tale e quale a  un fiore
          se sa come se nasce e no’ come  se mòre.
          Vedete, er caso mio è palese:
          so’ nato cornetano e morirò  tarquinese...
                                             Checchibronzi
        LA BANCA DEL RACCONTO-  QUARTA EDIZIONE
            presenta
            
            DA BUIO A  BUIO
  Il lavoro contadino ai  tempi di “feudalismo” e latifondo
  
          Con Marco D'Aureli
          Alfonso Prota
          Antonello Ricci
  
  Venerdì 23 marzo, ore 21.00 
          presso Biancovolta, via delle Piagge 23 - Viterbo 
          Spettacolo in ricordo del poeta  cornetano
  Spartaco Compagnucci in arte Checchibronzi
        DA BUIO A BUIO
          LAVORO CONTADINO E LATIFONDO IN MAREMMA 
          AI TEMPI DEL “FEUDALISMO”
         
            L'ordine millenario del latifondo. Un esempio per tutti: Dio in cielo, Torlonia  in terra. Più giù, i guardiani del principe. Più giù ancora, i cani dei  guardiani. Poi nulla, poi ancora nulla, poi ancora nulla. Nulla. Solo alla fine  vengono i cafoni. I da-sempre-senzaterra. Il lavoro da buio a buio. Dalla  levata alla calata. La chiamata in piazza. Il “feudalismo” dei caporali. La  tirannia delle compagnie. Andare per maremme. In carro o a piedi. Perderci la  dama. Perderci le penne. Ma. A un certo punto. All'alba del Novecento, la  storia irrompe sulla scena. Fa le sue prove. Vorrebbe infrangere questo cosmo  adamantino. Tanto ingiusto quanto perfetto (compiuto). Leghe, sindacati,  cooperative. Si smuove il fango dal fondo del padule. Le prime occupazioni  risalgono al decennio giolittiano. Poi quelle del primo dopoguerra (le  promesse, le aspettative e le speranze dopo Caporetto). A seguire: delusione  degli ex-combattenti e repressione delle vertenze terriere sotto il fascismo.  Bonifiche e appoderamenti in direzione mezzadrile. Checché se ne dica: il  latifondo non si tocca. Ma la massa dei senzaterra si riaffaccia con forza nel  biennio 1944-1946. Con nuove occupazioni. Da Tarquinia a Montalto. Anche  nell'interna collinare di Maremma (Ischia di Castro, per esempio). Poi la  Riforma Agraria. Il cinghiale trafitto dalla freccia. Ministro Amintore  Fanfani. I bianchi casali dell'Ente come navi veleggianti nella piana.  “Metteremo l'illuminazione nei poderi, potrete lavorare anche di notte!” Ma è  una riforma fuori tempo massimo. Perché insieme col latifondo muore anche il  mondo contadino. Un mondo fatto di veglie narrate e di sapienza nelle mani.  Appena pochi anni dopo: i figli abbandonano i poderi. Con gioia! Fuggono.  Corrono alle città, alle attività terziarie, a fare gli impiegati. Inseguono il  benessere. Rimuovono povertà e umiliazioni. Ma recidere radici porta frutti  velenosi. I casali abbandonati diventano presto rovine di una remota  Dopostoria. E viene, ineluttabile, il tempo del “progresso scorsoio”, il  “presente remoto” (Zanzotto, il poeta, docet) dell'omologazione  consumista. 
            
          LA BANCA DEL RACCONTO – QUARTA EDIZIONE. Il tema della quarta edizione del  progetto Banca del Racconto è dunque “Latifondo e Feudalismo”. Comunità,  paesaggi, storie della Tuscia. Racconti come patrimoni identitari da  valorizzare per un armonico sviluppo culturale ed economico del nostro  territorio. La parte scientifica e artistica del progetto è curata dalla Banda  del Racconto formata da Alfonso Prota (attore, performer,  illustratore), da Antonello Ricci (regista e studioso) e da Marco  D’Aureli (antropologo), mentre la parte organizzativa è curata  dall’associazione Percorsi, nella figura di Elisa Maurizi. Il progetto  lavora sul Territorio e i suoi paesaggi a partire dai patrimoni narrativi.  L’obiettivo è restituire alle comunità interessate i patrimoni orali raccolti  con l’interesse di un buon tasso di fruibilità collettiva e sociale dei saperi  comuni e popolari. Attraverso una prima fase di dialogo con soggetti di  mediazione culturale attivi nelle comunità (musei e biblioteche, scuole e  centri per anziani, associazioni culturali e di promozione delle tradizioni e  dell’immagine turistica locale), gli operatori identificano uno o più  “focolari” narrativi di rilievo rispetto all’identità comunitaria. Nella  seconda fase gli operatori raccolgono racconti con l’ausilio di adeguata  tecnologia video-audio e nel rispetto degli elementari della ricerca sul campo  così come definiti dall’antropologia culturale e dalle altre scienze sociali.  Nella terza fase i racconti vengono trasformati e restituiti al territorio. In  questa direzione operatori e narratori locali contrattano e definiscono le  forme di una restituzione narrativa alle comunità: potrà trattarsi di un video,  di un libro, di conferenze o lezioni-spettacolo, di spettacolo tout court, di  una mostra, di passeggiate-racconto o di vere e proprie visite guidate. Una  delle caratteristiche principali del progetto è il radicamento sul territorio,  protagonista assoluto, attraverso il coinvolgimento dei cittadini e una serie  di collaborazione con Enti locali ed Associazioni culturali, enti privati,  compagnie teatrali che lavoreranno insieme per una sostenibilità socio  culturale del territorio. 
        
            Banca del Racconto è un progetto a cura di 
            Associazione Percorsi
            Banda del Racconto
            Officina Culturale della Tuscia 
            
          Contatti Tel/fax 0761/329478
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