Settembre 1999, a vent'anni dall'entrata in vigore della legge Basaglia   che aveva decretato, tra mille difficoltà e resistenze, la chiusura dei   manicomi. 
        Anna ha ottant'anni. Ottanta suonati. Stanotte non ha chiuso   occhio. Ieri sera il telefono squillava. Era dal San Niccolò, l'ospedale   psichiatrico di Siena. Riaffiorato dal buio di chissà quale sgabuzzino o   sottoscala, è saltato fuori un vecchio senza nome e senza età: nessuno sapeva   riconoscerlo. Un paziente “dimenticato”. La sua cartella clinica è stata   recuperata quasi per caso: grazie al colore della camicia, tutta lacera e   sdrucita, che indossava. 
        Nella ormai   “consueta” forma del racconto in versi, con Fuori da dove Antonello   Ricci narra di un viaggio in macchina da Viterbo a Siena, lungo il nastro   ondulato della vecchia Cassia, attraverso le crete ventose della Val d'Orcia. Su   una strada che per cento anni servì da immondezzaio-dimenticatoio per i “mali”   più disparati e socialmente inconfessabili (alcolismo, prostituzione, epilessia,   pazzia “di guerra”, figlio N.N.). 
        Così Anna si ritrova a correre   incontro ai ricordi, ai rimossi di un passato mai veramente passato. Col cuore   in gola e l'incoscienza della ragazzina di un tempo. Così ancora oggi può   capitare anche a noi di udir sillabare, in bocca a qualche vecchio viterbese, il   terribile blasone:“e alla fine lo portarono a Siena”. 
          Fuori da   dove è arricchito da 21 tavole a colori di   Gino Civitelli da Buonconvento. Civitelli, apprezzato acquerellista, è anche   appassionato ricercatore di storia locale e, soprattutto, “biografo” critico   delle vicende dell'ospedale psichiatrico di Siena, dal 1970 fino alla chiusura,   attraverso quella straordinaria stagione di avanzata sociale e culturale nota ai   più come “psichiatria democratica”.       
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