Viterbo chiama Sarzana – Sarzana chiama   Viterbo 
                L'ESEMPIO DI CIO' CHE BISOGNA   FARE 
                Comunità locali e antifascismo popolare, luglio   1921 
                Spettacoli e incontri per un gemellaggio   morale 
                Gli   avvenimenti di Viterbo, Grosseto e Treviso sono la fase iniziale di un nuovo   definitivo sviluppo del fascismo. Alle spedizioni di piccola mole si succedono   azioni di veri e propri colpi di esercito, muniti di mitragliatrici. Viterbo e Sarzana   hanno dato l'esempio di ciò che bisogna fare. Le popolazioni sanno quello che non hanno   da aspettarsi dai dirigenti nazionali; alle forze locali spetta il compito di   pensare alla propria difesa. 
                Antonio Gramsci, “Ordine Nuovo”, 21 luglio 1921 
                21 Luglio   1921. A   neanche dieci giorni dall'assedio di Viterbo e dai lutti che ne seguirono,   squadre fasciste toscane provano ad espugnare la rossa Sarzana. Invano. Le forze   popolari si auto-organizzano per difendere la città ligure. La forza pubblica   interviene sparando. Numerosi i fascisti uccisi. Per l'opinione pubblica   conservatrice un vero trauma, una umiliazione per l'arroganza   mussoliniana... 
                Venerdì   7 maggio 2010, ore 21.30, cinema Trieste. Nell'ambito della sesta edizione di   Resist (promosso da Arci Viterbo) il gruppo teatrale carrarino BlancaTeatro   porta in scena a Viterbo 21/07/1921... la chiamavano estate... pièce che   ricostruisce con afflato epico e intensità drammaturgica i fatti sarzanesi (vedi   oltre: scheda sullo spettacolo). Presentano la serata Antonello Ricci e lo   storico Eros Francescangeli. 
                (A fine luglio 2010, invece, Antonello Ricci e La Banda del   Racconto porteranno in scena il loro Sottoassedio (Viterbo   1921-'22) alla Cittadella di   Sarzana) 
                A.N.P.I Sarzana in co-produzione con BlancaTeatro 
                con la collaborazione del Comune di   Sarzana 
                  presentano 
                "VENTUNLUGLIOMILLENOVECENTOVENTUNO” 
                    ...la chiamavano   estate... 
                   
                  con Antonio   Bertusi e Matteo Procuranti 
                  Nicoletta   Bertanelli, Rachele Del Prete, Francesca   Natale, Tania Sabinos, Marta   Sinacori e la partecipazione straordinaria di Bianca   Bertusi 
                  drammaturgia e regia Virginia   Martini 
                  con la collaborazione tecnica di Francesca Corchia e l'assistenza alla regia di Sabine   Bordigoni 
                ATTORE 1: Non mi ricordo 
                    ATTORE   2: Non ti   ricordi? 
                  ATTORE 1:   No 
                    ATTORE 2: E come ti chiami lo ricordi? 
                  ATTORE 1: Sì 
                  ATTORE   2: E quando sei   nato lo ricordi? 
                  ATTORE 1: Sì, d'estate. 
                  ATTORE   2: E quando sono   nato io? 
                  ATTORE 1:   D'inverno. 
                    ATTORE 2: E il resto no? 
                  ATTORE 1: Non credo 
                  ATTORE   2: Che mestiere fai   lo sai? 
                  ATTORE 1:   Certo 
                    ATTORE 2: E che mestiere faccio io? 
                  ATTORE 1: Lo stesso. 
                  ATTORE   2: Bene. Allora   cominciamo. 
                  ATTORE 1: Da cosa? 
                    ATTORE   2: Dall'inizio.   L'Italia. 
                  ATTORE 1:   ? una repubblica basata.. 
                  ATTORE   2: L'Italia è un   regno che si estende dalle Tremiti fino a Fiume con un buco bianco in mezzo che   si chiama Vaticano. 
                  ATTORE 1: In Italia ...? 
                  ATTORE   2: Si canta si ride   l'amore si fa? 
                  ATTORE 1: Ci si spara, si fa la fame , ci si   ammazza, si patisce... 
                 
                 
                I FATTI  
                  Il 21 luglio del 1921 una spedizione   armata di circa 500 camicie nere capeggiata dal fiorentino Dumini, esecutore   materiale nel 1924 dell'assassinio di Matteotti, giungeva a Sarzana dalla vicina   Carrara per portare a termine un'azione punitiva. Il pretesto della missione   consisteva nell'ottenere la scarcerazione di 12 fascisti arrestati per aver   compiuto pochi giorni prima omicidi e devastazioni contro la popolazione della   Lunigiana. L'obiettivo politico dell'operazione era la rimozione delle   istituzioni democratiche di Sarzana, ultimo comune della zona ad amministrazione   socialista che compattamente resisteva alle provocazioni fasciste. Arditi del   popolo, socialisti, comunisti e anarchici erano pronti alla difesa in armi, ma   la posizione accorta del sindaco Terzi e la condotta della forza pubblica   confinavano lo scontro tra quest'ultima e gli assalitori nella piazza antistante   la stazione ferroviaria, evitando più gravi conseguenze. Ai primi colpi da parte   fascista che colpivano, esplosi quando ancora era in atto un negoziato verbale   tra le parti, rispondevano i militari cagionando 5 morti e mettendo in fuga gli   aggressori, che subivano altre perdite ad opera dei contadini incontrati durante   la ritirata. L'atteggiamento delle forze dell'ordine a protezione delle autorità   cittadine, comportamento anomalo in quella fase di crisi dello stato liberale,   unitamente alla determinazione sarzanese a respingere l'aggressione, spiazzò e   disperse il drappello fascista, mentre l'accaduto suggerì a Mussolini di   accelerare i tempi per la firma del patto di pacificazione con il Psi siglato a   Roma il 3 agosto seguente. I partigiani che condussero sulle montagne sopra   Sarzana la lotta di Liberazione si definirono da subito "figli del 21 luglio", e   Sandro Pertini ebbe a dire, in relazione a quei fatti: “Se   tutte le città avessero fatto come Sarzana, il fascismo non sarebbe   passato" 
                   
                  LO SPETTACOLO 
                  Lo spettacolo ricostruisce in una   dimensione narrativa corale il contesto sociale e politico di quegli anni: dal   biennio rosso alle serrate, dalle prime "spedizioni punitive" fasciste alla   scissione del Partito Socialista con la conseguente nascita del Partito   Comunista d'Italia, dall' arditismo popolare ai Comitati di difesa proletaria.   La drammaturgia, strutturata partendo dai documenti originali, dalle interviste   ai pochissimi testimoni di quei giorni ancora in vita e dalla stampa dell'epoca,   sottolinea l'aspetto emblematico dei fatti di Sarzana spostando continuamente il   fuoco di attenzione dalla dimensione locale a quella nazionale. La scena è   abitata esclusivamente dagli attori che attraverso relazioni dinamiche nello   spazio e pochi segni distintivi evocano personaggi, situazioni e luoghi, fisici   ed emotivi. 
                  Sono le parole che Antonio Gramsci scrive su Ordine Nuovo nel luglio 1921 il terreno su cui il   racconto scenico è organizzato e sviluppato:  
                   
                  Nei 365 giorni dell'anno 1920, 2500 italiani   (uomini, donne, bambini e vecchi) hanno trovato la morte nelle vie e nelle   piazze, sotto il piombo della pubblica sicurezza e del fascismo. Nei trascorsi   200 giorni di questo barbarico 1921 circa 1500 italiani sono stati uccisi dal   piombo, dal pugnale, dalla mazza ferrata del fascista, circa 40.000 liberi   cittadini della democratica Italia sono stati bastonati, storpiati, feriti;   circa 20.000 altri liberissimi cittadini della democraticissima Italia sono   stati esiliati con bandi regolari, o costretti a fuggire con le minacce dalle   loro sedi di lavoro e vagolano per il territorio nazionale, senza difesa, senza   impiego, senza famiglia; circa 300 amministrazioni comunali elette col suffragio   universale sono state costrette a dimettersi; una ventina di giornali   socialisti, comunisti, repubblicani, popolari, sono stati distrutti; 15 milioni   di popolazione italiana dell'Emilia, del Polesine, della Toscana, dell'Umbria,   del Veneto, della Lombardia sono stati tenuti permanentemente sotto il dominio   di bande armate, che hanno incendiato, che hanno saccheggiato, hanno bastonato   impunemente, hanno violato i domicili, hanno insultato le donne e i vecchi,   hanno ridotto alla fame e alla disperazione centinaia di famiglie, hanno   calpestato tutti i sentimenti popolari, hanno fatto impazzire per il terrore e   morire dei bambini e dei vecchi. Tutto questo è stato permesso dalle autorità   ufficiali, è stato o taciuto o esaltato dai giornali; una pazzia collettiva pare   avere invaso la classe dirigente, il Parlamento, i governi. Tutta questa gente   pensava che la vita nazionale potesse normalizzarsi secondo il ritmo fascista;   che nessuna reazione, né psicologica, né fisica, dovesse fermentare nella   popolazione in tal modo tormentata, avvilita, schiacciata.   (A.Gramsci) 
                   
                  Il   finale dello spettacolo, che ha una durata complessiva di un'ora e 15 minuti,   prevede una proiezione video di circa 8 minuti che ci riporta improvvisamente   dall'avvento del fascismo nel 1922 ai numerosi quanto sconcertanti episodi di   matrice neofascista che continuano a verificarsi nel nostro paese e non solo   negli stadi ma nei programmi televisivi, nelle piazze, fino alle chiese e le   istituzioni. 
                  E stupisce ogni volta riascoltare le parole di Pasolini che   abbiamo scelto come chiusura dello spettacolo: 
                   
                  Il regime oggi è un regime democratico però   quella omologazione che il fascismo non è riuscito ad ottenere il potere di   oggi, ovvero la civiltà dei consumi, ottiene perfettamente togliendo realtà ai   vari modi di essere uomini che l'Italia ha prodotto storicamente in modo assai   differenziato. Questa omologazione sta distruggendo l'Italia e allora posso dire   che oggi il fascismo è proprio questo potere della civiltà dei consumi . La   distruzione di questo paese è avvenuta così rapidamente che non ce ne siamo   accorti. Una specie di incubo risvegliandoci dal quale oggi ci guardiamo   d'intorno e ci accorgiamo che non c'è più niente da fare. (P.P.   Pasolini) 
                  
                 
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