C'ERA UNA VOLTA IL GRANO
Passeggiata «surplace»

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LEPASSEGGIATEDELSANTOEDITORE

Con la collaborazione di
PRO LOCO DI VETRALLA
ASSOCIAZIONE SASSO GROSSO
MusicALcentro

FRANTOIO PAOLOCCI

Venerdì 8 agosto 2014 ore 18
presso il giardino di palazzo Paolocci
Via Roma, 41
Vetralla (VT)


DAVIDE GHALEB EDITORE e
BANDA DEL RACCONTO
presentano

C'ERA UNA VOLTA IL GRANO
testimonianze, ricordi e canti
di Domenico Birelli

di e con Antonello Ricci
a cura di
Gabriella Norcia
con la partecipazione di Olindo Cicchetti
e la chitarra di Tito Ferretti

Come sempre il biglietto consiste nell’acquisto di un libro
del catalogo di Ghaleb Editore.

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Per il ciclo de «Le passeggiate del Santo Editore», ancora una iniziativa in collaborazione con Pro Loco Vetralla, associazione Sasso Grosso, MusicALcentro e Frantoio Paolocci: l’appuntamento è fissato per venerdì 8 agosto alle ore 18.00 a Vetralla, nella suggestiva cornice del giardino di palazzo Paolocci in via Roma 41
.
Davide Ghaleb editore e Banda del Racconto metteranno in scena una speciale passeggiata «surplace»: C’era una volta il grano –
testimonianze, ricordi e canti a margine del nuovo libro di Domenico Birelli (Grano, Davide Ghaleb editore 2014) a cura di Gabriella Norcia.
Antonello Ricci
dialogherà con l’autore. Letture «da fermo» di Olindo Cicchetti.
Come sempre il biglietto consiste nell’acquisto di un libro del catalogo di Ghaleb Editore.

Eh sì, perché se questo Grano è agile librino rievocatore (con vera nostalgia e tratti di poetica possessione) di un mondo morto e sepolto da tempo, di questo stesso mondo Domenico Birelli e i suoi amici “figuranti” (l’adorata consorte Attilia su tutti) sono gli sciamani. Ma sarà meglio usare il modo condizionale: vorrebbero essere. Poiché, come è ben noto, ciò che una volta è stato non torna più.
Titanica quanto chisciottesca dunque, l’impresa di Domenico: salvare, impaginando “tutto” in un libro, luoghi cose strumenti azioni saperi. Ma insieme – e doppiamente – salvarne, per grazia di racconto, le parole corrispondenti. Perché è vero che un mondo è perduto quando ne muoiono le azioni vive (e la sapienza ad esse sottesa: esemplari, in tal senso, la descrizione dell’uso della mano nella semina o la coreutica della falciatura). Ma, se possibile, esso sarà ancora più perduto laddove – insieme con le azioni e gli utensili – siano andate perdute anche le parole che ne custodivano la presenza: scolorite dalle mappe del mandato-a-mente oltreché del vivere quotidiano.