LA CHIESA DI SAN BONAVENTURA A MONTERANO
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È con vero entusiasmo che ho accettato di scrivere la presentazione a questo lavoro realizzato con maestria e vero talento da Michele Benucci e Giuseppe Romagnoli dell'Università degli Studi della Tuscia di Viterbo, con la quale l'Amministrazione Comunale di Canale Monterano intrattiene da anni importanti e proficui rapporti di collaborazione scientifica, sèguito di apposita convenzione tra i due Enti, che stanno dando risultati eccezionali. Mi riferisco agli studi ancora non pubblicati sulla Cattedrale di Santa Maria in Monterano e sul Casale Palombara.
Ho avuto modo di seguire e di apprezzare sul campo, di persona, l'impegno degli Autori e dei loro tirocinanti (Federica Arzillo, Sara Mancini, Giuseppe Emanuele Scipioni, Ersilia Di Tillo, Francesca La Face, Flavia Marani) nello svolgere il lavoro con entusiasmo giovanile ma con estrema serietà e competenza. E già da allora mi convinsi che i nostri studiosi sarebbero riusciti a far “parlare” le mura superstiti della chiesa di San Bonaventura, vero gioiello dell'architettura barocca.
Su Monterano e sui suoi monumenti si è scritto e si scriverà ancora molto, ma credo che sulla chiesa e sul convento di San Bonaventura questa pubblicazione metta, finalmente e definitivamente, al proprio posto ogni tessera di questo affascinante mosaico.
Lo studio di Benucci e Romagnoli arriva in un momento particolarmente significativo per la cultura canalese in quanto, proprio in questi giorni, è venuto a mancare Lidio Gasperini, nostro concittadino, Professore Emerito di Epigrafia greca e latina presso l'Università di Roma Tor Vergata, che di Monterano aveva fatto una sua bandiera e, da sempre, si era impegnato a far conoscere questa nostra antica città a tutto il mondo e non solo a quello scientifico e culturale.
Non posso non ricordare l'entusiasmo con cui accolse e seguì questi giovani studiosi e i tirocinanti nel corso delle campagne di studio che hanno portato anche alla stesura di questa eccezionale pubblicazione.
Sarà stato forse un segno del destino, ma credo che il testimone dell'amore e dell'affetto per Monterano, caduto dalle mani dell'amico Professor Gasperini, sia stato raccolto dalle mani giuste.

Marcello Piccioni
Sindaco del Comune di Canale Monterano

Sfogliando le pagine di questo libro, quasi dimenticando che si tratta del frutto di lunghe ricerche scientifiche sul campo e negli archivi, ci si trova immersi nell'atmosfera di tempi che sembrano infinitamente lontani, più lontani di quanto in effetti lo siano gli anni della costruzione dei monumenti descritti.
Siamo ben prima degli sconvolgimenti del Secolo dei Lumi e della Rivoluzione Industriale e queste plaghe del Patrimonio di San Pietro sembrano attardarsi in un feudalesimo tutto impegnato ad autocelebrarsi.
Nascono così miracoli come quelli di Monterano, piccoli borghi di casupole con monumenti degni di una città ben più importante, come il Palazzo Ducale, la sua splendida Fontana del Leone e la Chiesa con il relativo Convento di San Bonaventura rimaneggiati o progettati ex novo da un architetto della levatura di Bernini.
Forse vere e proprie “cattedrali” in quello che Massimo D'Azeglio definì “il Deserto Apostolico”. Monumenti dalla vita effimera, forse troppo ambiziosi per una realtà fatta di piccole comunità, in fase di spopolamento per motivi ambientali (forse le recrudescenze periodiche di “mal' aria” ), sociali ed economici.
Le vicende della Storia, quella con la “s” maiuscola, che irruppe sulla scena europea e mondiale dopo la Rivoluzione dell''89, completarono il processo di spopolamento e Monterano tornò alla Natura. Troverete tutte queste vicende, e molto più, in questo splendido volume.
La natura, bene comune certo sovrabbondante in quegli anni, riprese il posto di vigne, orti, seminativi e, in tempi più vicini, dei pascoli attraverso quei meccanismi di successione che fanno quasi miracolosamente ricomparire un bosco anche sui terreni più denudati. È questione di tempo, che dal 1799, anno ufficiale del “saccheggio” finale di Monterano, non è mancato.
Istrici, cinghiali, tassi frequentano le rovine dove è ricresciuto il bosco e dove si è formato un paesaggio piranesiano. Sulle parti alte degli antichi edifici regna il popolo alato: dai signori della notte come il barbagianni ad uno splendido uccello della dimensione di una taccola, coloratissimo: capo, petto e ventre azzurro turchese, dorso castano chiaro, parte superiore della coda blu verdastro, con una linea scura dalla base del becco agli occhi che sembra una mascherina. Si chiama Ghiandaia marina ed è un ospite “africano” che puntualmente, ogni primavera, nidifica in preferenza nelle nicchie delle antiche rovine. Un uccello purtroppo sempre più raro.
Cattedrale, palazzo baronale, paesaggio piranesiano e anche animali come la nostra Ghiandaia marina costituirono quel “capitale aggiunto” al territorio di Canale Monterano che portò, oltre venti anni fa, all' istituzione della Riserva Naturale Regionale Monterano.
E la Riserva Naturale non è stata ingrata con loro, come dimostrano i numerosi progetti di restauro promossi, i progetti e le campagne di ricerca sostenuti, come quello che ha dato origine al presente libro, le attività di conservazione del patrimonio culturale e ambientale e di volontariato, l'apertura di questi beni ad un pubblico sempre più vasto.
Mi piace concludere ricordando la cautela particolare posta dalle maestranze impegnate nella restauro conservativo della Chiesa di S. Bonaventura per non disturbare la nidificazione della nostra Ghiandaia marina, poi portata felicemente a termine: un piccolo segno di speranza in cui ci sia più attenzione per tutti, ricordi del nostro passato e valori del presente.

Francesco Maria Mantero
Direttore Riserva Naturale Regionale Monterano