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Introduzione di
Daniele Camilli


Il Mondo è tutto ciò che accade
L. Wittengstein, Tractatus logico-philosophicus

Domenco Birelli fu Angelo, classe 1929. Figlio di contadini, mezzadri; contadino esso stesso, bracciante. Orfano di Padre a soli 14 anni. Due fratelli, Aldo e Mario. Militare, quand'era tempo di fare il militare. Poi assunto da quello che diverrà l'Ente Nazionale Energia Elettrica, fino alla pensione. Sposato con Attilia Silvani, due figlie, Antonella e Adriana, due generi, Paolo e Andrea, e tre nipoti, Mattia, Nicolò e Gabriel. Diploma di perito tecnico industriale, preso durante le ore libere dal lavoro. Trecrociaro di nascita, toscano d'adozione e per necessità, poi di nuovo Trecrociaro, ma con accento, spirito e cultura maremmana. Persona dall'intelligenza vivace e curiosa e dalla sensibilità non comune. Un bell'uomo bellissimo da giovane sul metro e settantacinque. Felice e in grado di comunicare la sua felicità al punto da rendere altrettanto felice chi lo sta ad ascoltare. Signorile e affascinante, come solo pochi altri della sua età sanno esserlo.
E, in ogni caso, nessun rimpianto!
Questo è il profilo dell'autore del libro che leggerete; questa è la storia che ritroverete.
Una storia che Domenico ha prima manoscritto con una BIC, a volte nera, altre blu, su centocinque pagine di Blocknotes formato A4, a righe. Fogli carichi di asterischi che raccontano ancora nel dettaglio, più in dettaglio. Una calligrafia scorrevole e leggibile, che tuttavia la carta difficilmente riesce a contenere, tanta è la voglia di rappresentare ciò che si è, essendo stati.
È un testo che muove dai bisogni reali dell'esistenza per trasformarli in valori veicolati attraverso una memoria che si struttura attorno alla selezione sociale del ricordo; selezione squisitamente e misteriosamente ambigua, così come ambigua è la cultura che la sussume.
Cultura, parola chiave: Domenico rappresenta la sua cultura, la sua Bildung. Termine tedesco capace di includere in sé il concetto di immagine (Bild) e far muovere da esso quelli di riproduzione (Nachbild) e di modello (Vorbild)(1).
Un'immagine di sé nella storia: un modello che si vuole trasmettere e giustificare(2), vale a dire rendere giustizia e salvare; la necessità di individuare una logica per la sua “riproduzione”. Domenico ci riesce cogliendo Dio in fallo(3); perché quando un pezzo della Storia dei vinti(4) ottiene la sua giustificazione…ecco che Dio è stato colto in fallo.
Dunque un capo-lavoro, ossia l'inizio di un percorso da cui far muovere altre ricerche su altre vite parallele a quella di Birelli: e non è mai abbastanza, perché sono storie che rischiano di svanire e disperdersi nel tempo stabilito da chi la storia la detta e la impone.
Come interpretarlo? Come interpretarne il linguaggio? Quale rapporto stabilire tra l'analisi e la sua appropriazione esistenziale?
A somiglianza di una celebre definizione che fa dell'universo kantiano una catena di causalità sospesa a un atto di libertà(5), decidevo di rapportarmi al manoscritto di Domenico come un restauratore si rapporterebbe a un dipinto: Il restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dell'opera d'arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro(6).
Pertanto, fare ordine tra le decine di fogli manoscritti, sovente sconnessi l'uno dall'altro, ma sempre secondo una propria, intrinseca logica.
Quindi, ricostruire il contesto culturale proprio dell'autore: società contadina, bracciantile.
Infine, nessuna suddivisione in capitoli e tutela della struttura sintattica e grammaticale del testo, lasciando inalterati tutti quegli elementi che ad una prima lettura possono apparire insoliti, ma che di fatto sono spie(7) che rimandano a qualcosa d'altro: la cultura di cui Domenico è stato partecipe nel corso della sua vita.
Ergo, sviluppare un continuum attraverso l'appropriazione di un'esperienza quotidiana, rifigurandola in vista della sua trasmissione al futuro, sottoforma di Tempo raccontato(8).
E Domenico configura il suo tempo, scandendone gli intervalli. È un tempo antico che si situa quasi a livello inconscio. A volte è addirittura negazione di se stesso, con il suo presente indefinito e un futuro ed un passato privi di realtà se non come speranza e ricordo presente di un processo temporale irrecuperabile che tuttavia non si vuole lasciare in balia del vuoto.
Il vuoto: ovverosia l'esperienza della possibilità del nulla, di un puro esistere senza esistente vissuto in termini di neutralità intesa come impossibilità radicale del porsi.
Ma è anche tempo carico di senso che passa attraverso la cancellazione di un mondo inteso come complesso di oggetti indeterminati(9).
Ecco, allora, che le parole del testo diventano luoghi, dimore, volti e nomi che sollecitano in chi legge una risposta(10) e aderiscono a ciò che descrivono senza inglobarlo nell'indifferenza(11).
Sullo sfondo, la storia di un'Italia adorabile, perché straziante; di un Paese che, impotente, assiste alla scomparsa delle lucciole ed è incapace di sopravvivergli(12).
E tuttavia, il mondo di Domenico è anche qualcosa d'altro, seppur della scomparsa delle lucciole, e delle sue cause, ne è stato la prima vittima sacrificale. È il mondo di un contadino e della sua visione del mondo; una superficie costruita attorno a relazioni, credenze e mitologie inattingibili agli strumenti consueti della conoscenza storica(13). L'universo che vi è descritto è perennemente labile. Una realtà dove il patire e il suo controllo rituale(14) sono motivo dominante dell'esistenza. Un contesto in cui solo la presenza e la solidarietà dell'Altro possono restituire alla vita e permettere l'affermazione di sé e della propria presenza.
Insomma, una sorta di teologia dell'Essere dove il creato si intreccia con le creature, ponendo d'un lato il creatore.
Parlavamo infine del tempo, perché è nel tempo che il libro di Domenico trova la sua più intima interpretazione; soprattutto laddove la sua conservazione si spinge al di là degli spazi del GIA' e dell'ORA, aprendosi a un NON ANCORA15 carico di speranza. Una speranza che trasmette il piacere dell'utopia e della sua adorabile realtà.

Note

1) H.G. Gadamer, Verità e metodo, Bompiani, Milano 2001, p. 33
2) Giustificare: “giustizia e salvazione”. S.Paolo, Lettera ai Romani, Einaudi, Torino 2000
3) P. Odifreddi, Il Diavolo in cattedra. La logica da Aristotele a Godel, Einaudi, Torino 2004
4) N. Revelli, La storia dei vinti, Einaudi, Torino 1998
5) L. Sciascia, Todo modo, Einaudi, Torino 1974, p. 6
6) C. Brandi, Teoria del restauro, Einaudi, Torino 2000, p. 6
7) C. Ginzburg, Miti emblemi spie, Einaudi, Torino 1992
8) P. Ricoeur, Intervista a “Le Nouvel Observateur”, cit. in P. Ricoeur, Tempo e racconto, vol. 1, Jaka Book, Milano 2001
9) M. Augè, Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità, Eleuthera, Milano 2005
10) E. Levinas, Totalità e infinito. Saggio sulla esteriorità, Jaka Book, Milano 2004
11) F. Rosenzweig, La stella della redenzione, Marietti, Genova 1985
12) P. Pasolini, Lettere luterane, cit. in L. Sciascia, L'affaire Moro, Adelphi, Milano 2003, pp. 13-14
13) C. Ginzburg, Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del '500, Einaudi, Torino 1999
14) E. De Martino, Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al pianto di Maria, Bollati Boringhieri, Torino 2000
15) E. De Martino, La fine del mondo. Contributo all'analisi delle apocalissi culturali. A cura di C. Gallini, Einaudi, Torino 2002