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VALLE DEL TEVERE
Daniela Proietti


Prefazione

I borghi che si incontrano lungo la Valle del Tevere, fanno da scenografia al terzo volume della collana «In terre di Tuscia».
Gli scritti contenuti in questo libro, segnano la prima parte del lungo viaggio che ho percorso a partire dalla primavera del 2019.
Visitando e vivendo, sebbene per scampoli temporali molto ridotti, i quindici piccoli centri che si narrano nelle pagine che seguono, ho conosciuto e imparato ad amare una realtà che ho sentito distante e poco attraente per quasi mezzo secolo.
Nulla credevo potesse interessarmi di quell’insieme di edifici ora in tufo, ora in peperino, prevalentemente adagiati in collina e attorniati da boschi o distese erbose.
La loro storia, invece, mi ha rapita e ha creato in me una dipendenza.
Non ho voluto mancare neanche un fazzoletto di terra, addentrandomi in ogni minima frazione, delle quali, in alcuni casi, non avevo mai sentito parlare.
E così, ho compreso quanta nobiltà si fosse aggirata nel piccolo e quasi abbandonato borgo di Sipicciano, o quali illustri personaggi abbia ospitato la prigione adiacente alle raffinate stanze del castello di Graffignano.
Ho ammirato, grazie alla buona volontà di chi mi ha accompagnato, i paesi di Bassano in Teverina, Civitella d’Agliano, Castiglione in Teverina e Bomarzo dall’alto delle torri e dalle terrazze e ho passeggiato calpestando le stradine realizzate con le pietre levigate del Tevere.
Ho immerso lo sguardo nel verde dei boschi sporgendomi dalla loggia di Palazzo Orsini a Mugnano e ho nutrito il mio animo all’interno delle meravigliose stanze del Castello di Montecalvello e di Palazzo Montholon di San Michele in Teverina.
Mi sono emozionata contemplando la Celleno antica, oramai considerata soltanto un borgo fantasma, per me una piccola Civita di Bagnoregio, la regina, che ho invece goduto dai belvedere di Lubriano e Bagnoregio, e ho scoperto con piacere una Orte che non conoscevo.
Infine, Chia. Arrivando non ho avuto l’impressione che ci fosse molto da vedere, poi mi sono addentrata tra le viuzze abbandonate. Ho percorso, sotto il cocente sole agostano, stradine malconce attorniate da edifici fatiscenti. Ho raggiunto l’apice del paesino, attraversando una proprietà privata che, anch’essa sapeva di dolce trascuratezza.
Mi sono seduta su un muretto approssimato, riscaldata dai raggi del sole e ho volto lo sguardo verso la valle.
Lì ho capito perché un genio si fosse innamorato di quel luogo.
La Valle del Tevere ha visto l’avvio del mio lungo viaggio in terra di Tuscia, ed è anche il luogo di cui conserverò i più cari ricordi.
Del resto, la partenza costituisce il momento più entusiasmante.