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ORIOLO ROMANO
PALAZZO ALTIERI
La sala di Giuseppe: un messaggio tra le grottesche
Presentazione del libro di Silvia Sarli e Patrizia Di Filippo


Presentazione
Valeria Di Giuseppe Di Paolo (Direttore Palazzo Altieri)

Palazzo Altieri a Oriolo Romano custodisce un ricco patrimonio storico-artistico, stratificatosi nel corso dei secoli con testimonianze significative legate prima alla famiglia Santacroce, in particolare a Giorgio III a cui si deve la fondazione del borgo di Oriolo nel 1578 e la costruzione del Palazzo in un progetto unitario ispirato ai principi della trattatistica contemporanea sulla città ideale, e successivamente alla famiglia Altieri, responsabile sia dei lavori di rinnovamento e ampliamento della dimora che della quadreria conservata.
Tale ricchezza è evidenziata da un lato dalla maestosità del Palazzo, da percepire nella sua originaria estensione che ricomprende il parco comunale in un disegno tipico dei palazzi-ville monumentali della Tuscia, e dall’altro dal raffinato e complesso programma decorativo delle sale, risalente a epoche differenti e pertanto latore di riferimenti, significati e messaggi indissolubilmente legati alle personalità e alla cultura del tempo di appartenenza. In questa ottica di ricerca della corretta interpretazione e conseguente decodificazione dei valori e dei messaggi che l’opera d’arte intende consegnare ai posteri su volere del committente, non sempre di immediata comprensione a distanza di secoli, s’iscrive il presente volume con il merito di fornire uno strumento utile al visitatore che intenda andare oltre il semplice sguardo e una visione di insieme dell’apparato iconografico.
L’analisi minuziosa delle scene riportate nella decorazione della sala di Giuseppe, le favole morali di Esopo, le grottesche e le scene di vita quotidiana, è condotta dalle autrici tramite lo studio e il raffronto con l’iconografia, la simbologia cristiana e non solo, i testi biblici e classici di riferimento selezionati dai Santacroce, in un sistema di rimandi e significati complementari tra le diverse pareti.
Molti sono i temi affrontati negli affreschi che mirano a descrivere l’esemplare condotta morale nelle avversità (il labirinto) del cammino della vita (dalla nascita rappresentata dall’uovo, alla morte simboleggiata dalla sepoltura) al fine di raggiungere la Verità (divina e laica nella sua accezione umanistica): il perdono e la salvezza (il pellicano); il Bene e il Male; le qualità e le virtù, come la fermezza e la stabilità (la canna e il ramo di ulivo, la roccia e i venti o il Cavaliere).
Ecco che ogni singola immagine s’incardina, risponde o si collega all’altra in un programma decorativo ad alto valore educativo, dove Giorgio Santacroce non dimentica di nobilitarsi attraverso una pretesa «romanità», e di presentarsi come Signore al pari dei Medici, abili diplomatici e mecenati, mutuandone le Imprese. Proprio nei brani dedicati alla vita quotidiana oriolese (il forno), resta traccia del modello di «buon governo» a beneficio dei coloni attuato da Giorgio III.