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SCHEGGE
Teresa Blasi Pesciotti

Presentazione
«Dare calore (atto d’amore), dare vita, ridare vita a ciò che sarebbe morto per sempre»: è in queste parole, scritte nel 1949, l’impulso che ha mosso Teresa Blasi ad affidare alla scrittura non tanto l’impossibile restituzione di ciò che è perduto, ma la propria maturata sapienza delle cose umane, da trasmettere alle nuove generazioni. Sapienza che si è nutrita delle “stagioni solenni del cuore”, ma anche degli eventi di antichi borghi viterbesi vissuti con accorta e affettuosa partecipazione (come nel caso dell’attività teatrale e politica a Vetralla nel dopoguerra, o delle prime supplenze in povere scuole di campagna). Godibilissime le pagine dedicate al ricordo del  rifiuto a indossare a scuola  la divisa da “giovane italiana”, prima manifestazione di un impegno politico destinato a durare. Città, paesaggi, letture, poeti, passioni civili, scolari educati con molto amore compaiono in queste prose – lettere, appunti, schizzi, memorie - scritte in anni lontani, e ora rilette attraverso la lente del tempo. E tuttavia non è la malinconia elegiaca del rimpianto il timbro del libro, ma una sorta di nativa e insieme coltivata felicità, una levitazione del cuore che trasmette alla scrittura una non comune risonanza dolceamara. Nell’apertura solidale verso il mondo, nei vagabondaggi solitari, o nel rapporto con l’amato e coltissimo marito Carlo si dipana una vita che l’autrice paragona ai fuochi che ardono nei boschi di castagni: fuochi durevoli che si alimentano dal di dentro, senza alte fiamme, ma solo, a tratti, con un crepitare di scintille: “Sia solo la nostra umana, terrena, corruttibile essenza”.
Note di aerea partecipazione emotiva animano anche le poesie collocate in Appendice. Ed ecco un festoso  pettirosso, gioia breve di colori che veloce scompare, per riapparire nella voce segreta del canto che annuncia il nuovo anno. E poi l’amore per le antiche rovine del proprio paese alle quali non ci si rassegna a dire addio. E infine il dolore per le tante perdite, vissute senza dimenticare le “parole antiche della cura” e il messaggio, “tremendo e meraviglioso”, che proviene da chi si allontana dalla vita.

                                               Maria Clelia Cardona