Davide Ghaleb Editore

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MI SAREI VESTITA DI TEGOLE ROSSE
Sabrina Sessa


Prefazione

Una raccolta di racconti carichi di pathos, dove incontrastato governa il colore rosso: da quello del sangue a quello dell’amore, da quello del fuoco annientatore a quello del tramonto più speranzoso. In tutte le narrazioni, l’autrice aleggia e osserva, non giudica, non si intromette nelle situazioni che ci rivela o che ci lascia intendere: prende per mano l’immaginazione del lettore, solleticandone la curiosità, ora con la parola sottile e scelta, ora con una frase spezzata e singhiozzante, ora con una lunga e tortuosa; il tutto miscelato abilmente in una prosa densa che racconta ma non svela. Mentre la sua scrittura si insinua delle pieghe torbide dell’animo dei suoi personaggi e descrive storie di vita comuni ma singolari, il lettore che segue i suoi percorsi, cambia attitudine pagina dopo  pagina: aguzza la vista come per risolvere un rebus enigmistico, ora socchiude gli occhi come a voler leggere dietro le righe, ora dietro le parole, dietro i pensieri, senza riuscire a parteggiare mai per nessuno, avido soltanto di conoscere la fine. Eppure ogni racconto che si conclude sulla pagina, apre uno scenario nell’immaginario meravigliato di quello stesso lettore e continua a vivere nel cambiamento e nella riflessione che provoca nel suo animo. Con questo intento, Sabrina Sessa plasma abilmente e demiurgicamente personaggi che sul filo della sua fantasia, scaturiscono da spezzoni di racconti, di letture, di notizie orecchiate anche per caso: la sua immaginazione crea la storia, la situa nel tempo e nello spazio, la dilata, la arricchisce e la offre al lettore conducendolo alla scoperta di drammi intrigati in ossimori di sentimenti, unione di contrari, di luci fredde, di colori evanescenti e che talvolta si risolvono inaspettatamente e altre volte non si concluderanno mai  davvero, restando sospesi, infiniti, come il tempo, o come il mondo che sovrasta e schiaccia con le regole ingovernabili e i misteri inafferrabili.

Maria Cristina Baleani

Nota dell'autrice

Caro lettore, sognavo da tempo di scrivere queste poche righe. Ma ora che il desiderio è divenuto realtà,  le parole non arrivano in soccorso. L’emozione, come l’alcol per un astemio, mi ubriaca subito. A dire la verità, lo ha fatto in tutti questi anni, ogni qualvolta immaginavo una storia e quasi magicamente la ritrovavo compiuta su fogli. Personaggi che vagavano nella mia mente sono divenuti creature vive, tanti figli per la cui nascita non è mancato il travaglio. Ma come tutti  i regali della vita che non si manifestano senza fatica, ho vissuto questa lunga gestazione con l’ansia e la gioia di una madre che accetta il dolore del parto per vedere finalmente il volto del figlio che attende. Potrebbe sembrare un paragone eccessivo, ma non lo è. In questi anni di scrittura, momenti rubati con difficoltà agli impegni della vita quotidiana, ho sognato e patito con i miei personaggi. Ho vissuto le loro gioie, pianto per i loro dolori, sentito gli odori e i sapori degli ambienti dove la storia si sviluppava. E loro, gentili e inconsapevoli, mi hanno insegnato a guardarmi dentro. A farsi leggere ci vuole coraggio. Quando scrivi, in qualche modo, ti metti a nudo. È come concedere un fianco, una parte di te stessa che fino ad  allora hai gelosamente custodito.  Ho impiegato del tempo a capire che dietro quello che avevo prodotto c’era molto di più, quel di più che preferisco tenere per me, come un cucciolo da proteggere da sguardi indiscreti. 
Una sera cercavo il titolo adeguato a questa raccolta, qualcosa che la rappresentasse.  Non è facile dare un’idea con poche efficaci parole. È  il talento dei grandi scrittori, una maestria, ahimè, di cui non sono dotata.  La meravigliosa poesia “Timidezza” non è giunta a caso. Neruda non me ne voglia, è un verso che ho solo preso in prestito. “Mi sarei vestita di tegole rosse”, una  frase che mi si è accostata subito.  Ma non voglio dilungarmi troppo,  rubare spazio ai protagonisti di questo libro.
Tredici racconti che si sviluppano in ambienti e spazi temporali diversi, ognuno mettendo in luce una storia, in alcuni casi, anche una sola emozione. Ciò che li accomuna è «l’ombra». Sono storie di donne, storie di uomini che tentano di confrontarsi con le loro bassezze. In un mondo sempre più imperfetto, l’uomo moderno, illuso padrone di un’epoca apparentemente libera da ipocrisie e dal timore del giudizio, si scontra con sé stesso. Quel buio che alberga in sé e che persiste alla sua più radicata regola morale, diviene la sua lotta. Accettarne l’esistenza significa accettare noi stessi; accogliere la parte meno nobile sapendo che è l’altra faccia di una stessa medaglia. «Ombra» e «luce», l’una completa e da esistenza all’altra nel dualismo perfetto che è la vita.
E poi il quattordicesimo scritto, poche righe, quelle in più, che non c’entrano nulla con tutto il resto. Non è una storia, nessuna finzione. È vita semplicemente. Sono una infinitesima parte di quello che ho dentro. Un assaggio, per il momento… il resto deve ancora venire…
Buona lettura

Sabrina Sessa