Davide Ghaleb Editore


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ANCORA
Emanuela Dei

Nota dell'autrice
SULLA TEORIA DEL GENDER

Affermare che esista la teoria del gender è come credere ai vampiri. La teoria del gender non esiste.
Mai nessuno studioso, in ambito accademico, ha pensato di scriverci o parlarci su. Diciamo che chi lo ha fatto, volutamente, ha creato confusione con i gender studies, nati tra gli anni Settanta e Ottanta.
Questi studi, che affondano le loro radici nella cultura femminista, sbocciarono nel momento in cui anche alle donne fu permesso di dire la loro. Le donne si conquistarono la possibilità di parlare, studiare e di riscrivere la storia. La storia come sappiamo è stata scritta dai vincitori, cioè dagli uomini. Il potere è stato sempre in mano a questi, con la conseguente sottomissione della donna.
Con l’affermazione degli studi di genere sono le donne che riscrivono la propria storia. Ci sono studiose che hanno piantato solide radici perché le nuove generazioni avessero la possibilità di avere coscienza della propria condizione. È scontato dire come in una società patriarcale il ruolo e il pensiero delle donne sia stato sempre emarginato.
Ecco, tutto nasce da qui: le donne pensano, scrivono, agiscono e se la cavano da sole, senza l’assillo di un uomo o delle regole che gli uomini hanno imposto per dir loro come vivere.
Gli studi di genere si interrogano sul modo in cui la società, nel tempo, ha interpretato le differenze tra maschile e femminile, evidenziando la disparità che esiste tra uomini e donne. Vogliamo negare che ci siano delle disparità? Le donne sono veramente trattate come gli uomini? Hanno le stesse possibilità nel mondo del lavoro e di carriera?
Gli studi di genere pongono una netta divisione tra quello che è il sesso biologico, maschio/femmina, e quello che poi si diventa.
Il fatto che io nasca femmina non significa che debba essere eterosessuale, madre e casalinga. Il fatto che io nasca maschio non significa che debba fare il meccanico, puzzare come un cinghiale, essere eterosessuale e fare figli per dimostrare la mia mascolinità. Diciamo che il fatto di avere un organo sessuale femminile non mi impedisce di fare l’avvocato, il prefetto, il medico, l’astronauta. E come si vede, nel linguaggio ancora fatto dagli uomini, tutta una serie di professioni sono ancora declinate unicamente al maschile.
Sin da bambini il nostro percorso è tracciato: il rosa è femminile, il blu maschile, esistono dei giochi da femmina e altri da maschio, e guai che un bambino giochi con una bambola. Una bambina sin da piccola viene educata ad essere obbediente, sottomessa, accudente, silente, in modo che altri decidano per il suo futuro. Ma chi lo ha deciso questo? Perché un bambino o una bambina non possono avere il cento per cento delle possibilità per realizzare la propria esistenza? Perché sin da bambini non si possono apprendere  le pari opportunità della felicità e del rispetto?
E una ragazza che sente di amare un’altra ragazza? In questo caso, cosa si deve fare? Intervenire con cure riparative distruggendo e annientando la persona? Veramente vogliamo affermare che,  siccome gli eterosessuali sono la maggioranza, allora esiste un unico modo di amare? Questo è un pensiero comodo e nazista che sopprime la libertà individuale e il normale fluire di una società in continua trasformazione.
E se proprio vogliamo dire le cose come stanno sulla cultura degli studi di genere, spieghiamo che il sesso da solo non basta a definire chi siamo. La nostra identità è in continua costruzione ed è costituita dal sesso, dal genere, dall’orientamento sessuale e dal ruolo di genere.
Il sesso è determinato biologicamente: femmine o maschi. Ci sono dei casi in cui è difficile capirlo e allora si parla di intersessualità.
Il genere, invece, è un costrutto socio culturale. Ci sono dei ruoli (di genere) ritenuti consoni all’essere maschile o femminile. Ci sono delle regole, atteggiamenti, comportamenti a cui sottostare. Questi sono difficili da combattere perché radicati nelle tradizioni e nella cultura patriarcale. Il ruolo di genere si acquisisce.
L’identità di genere è come ci si sente: uomo o donna e non ha nulla a che fare con il sesso biologico.
L’orientamento sessuale è invece l’attrazione, affettiva e sessuale, che abbiamo verso il nostro stesso sesso, il sesso opposto o verso entrambi.
Come vedete la situazione è ben più complessa di come la si presenti.
“Educare al genere” non significa educare all’omosessualità, alla trasgressione, ma educare alla libertà di essere quello che uno si sente, senza che una società maschilista e eterosessista inculchi stereotipi vecchi di centinaia di anni. Studiare e capire come la società abbia costruito il ruolo sociale dell’uomo e della donna, basandosi su luoghi comuni e sugli stereotipi, permette l’evoluzione sana della propria personalità.