Recensione di Gabriella Belisario

Cominciamo con la prosa, quella di Teresa, l'autrice è incantata, apri il libro ed essa ti scivola giù come se fosse liquida. Non puoi resistere, le parole mischiate a lacrime e sorrisi corrono e ti allacciano al testo finchè non lo hai finito. Poi ti ricordi o almeno pensi ai personaggi che sfumano, chi era buono e chi era cattivo? Ecco il primo e ultimo episodio, per esempio, sollevano il velo dell'omertà e della debolezza non solo piccolo borghese, ma anche popolare  sul tema scottante delle molestie alle bambine; già ma poi ci sono uomini che si mettono il grembiule e pensano ai figli come mamme, e uomini addirittura in divisa che ribaltano la protervia padronale. Un universo maschile quasi senza terra e senza tempo, sfila, arricchisce un immaginario cosi duro da stupirti. E' un romanzo popolare. Si. Crudo e tagliente come una roccia levigata. Teresa ci spiazza. Non ti diverti, piangi, affanni nei racconti finchè non esplode il dialetto, una specie di dialetto universale che ti fa sorridere quando è sulle labbra delle femmine astute e pazienti. A uomini padri si alternano uomini bastardi e donne puttane a madri esemplari. Un affresco che ti ricorda la fisicità del corpo, quello tuo e quello delle storie, un universo materico di sputi, di fango, di mele rosicchiare eppure desiderate, di mani sporche di colla del calzolaio aiutante del prete che, deposta la croce, insidia le piccole intimità delle bimbette della parrocchia. e poi il gran calderone del Parrucchiere Maestro dove si riunisce un paese intero. Tutto in questa sospensione atemporale, dove siamo e quando? Non te lo chiedere lettore di Teresa De Leonardis, lei i suoi libri li scrive nelle nuvole degli orizzonti dorati, nelle albe rosate del cielo, nella sabbia scura, non appartengono a nessuno e a tutti, appartengono a quel respiro di eternità che si chiama vita. Se lo leggerai fra cento anni ti stupirà lo stesso, quella vita descritta da Teresa non invecchia mai.